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Saremo da Lui giudicati per la carità che avremo esercitato

(Matteo 25, 44-45) «Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?». Gesù, nella veste inusuale e severa di giudice dell’umanità risponde: «Tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me». 

Il Beato Federico Ozanam diceva: la carità fu compromessa da coloro che la praticarono male, dalla filantropia, più prodiga di discorsi che di sacrifici, dalla beneficenza sdegnosa, dallo zelo indiscreto. Sta a noi sradicare questi vizi che rendono l’elemosina umiliante al povero e sterile davanti a Dio» (Rapporto all’Assemblea Generale, Parigi, 2 agosto 1848 – Bulletin de la Société de S. Vincent de Paul, vol. i, pag. 39).

«Quando doniamo ai poveri le cose indispensabili non facciamo loro delle elargizioni personali, ma rendiamo loro ciò che è loro. Più che compiere un atto di carità, adempiamo un dovere di giustizia» (San Gregorio Magno, Regula Pastoralis 3, 21).

il Beato Federico Ozanam scriveva in una lettera del 1835

Ricercare
– Le cause della miseria

– Dell’assistenza che umilia e di quella che onora

– Dell’elemosina che non deve mai umiliare

Chi fa assistenza, tratterà il povero con rispetto, non solo come un eguale, ma come un superiore,

perché sopporta ciò che noi forse, non sopporteremmo, perché è fra noi come un inviato di Dio per mettere alla prova la nostra giustizia e la nostra carità.

Scriveva Ozanam:
«L’elemosina è la retribuzione dei servigi che non hanno prezzo… L’elemosina non obbliga solo chi riceve, obbliga anche chi dona, perché come si fa a ripagare la gioia di una povera madre o la stretta di mano di un uomo che ha ritrovato il lavoro?”. Forse la gioia più grande per chi opera la carità è ricevere la carità di un sorriso».          

Ricordando però che la giustizia non può essere senza carità.

Ozanam, può essere definito il precursore della dottrina sociale della Chiesa, come lo ha definito Giovanni Paolo II nell’omelia a Notre-Dame nel 1997.

E noi oggi concretamente cosa stiamo facendo ed in che modo stiamo guardando avanti?

Le parole del Beato Federico Ozanam dobbiamo cercare di trasformarle in fatti concreti ed accessibili per riportare, con la carità, giustizia ove era dolore e sofferenza. Ricordando che la giustizia non può essere senza carità. La giustizia sociale, ricordiamoci, la troviamo già scritta nel vangelo. 

Dalla somma teologica di San Tommaso D’Aquino

”la vera virtù in assoluto è quella che ordina al bene principale dell’uomo (….). E così non ci può essere nessuna vera virù senza carità. se invece si considera la virtu in rapporto ad un fine particolare, allora si può parlare di virtu anche senza la carità, inquanto essa è ordinata ad un fine particolare. Se però questo bene particolare è un bene non vero, ma apparente, allora la virtù ad esso correlata non sarà vera virtù, ma una falsa immagine (…).

Se invece questo bene particolare è un bene vero (…) allora si avrà vera virtù, ma imperfetta (…).Ed in base a ciò, assolutamente parlando, non ci può essere vera virtù senza carita”.

La carità da la forma a tutte le altre virtù, in tal senso si dice che essa è la forma delle altre virtù.

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