
Nel cuore della grande impresa ingegneristica e artistica dell’antica Roma c’è una materia prima che ha attraversato secoli senza perdere fascino: il marmo. Dalle statue che adornano i fori imperiali alle colonne che sorreggono templi e basiliche, questo materiale era simbolo di potere, eternità e bellezza. Ma da dove veniva? Come veniva estratto e trasportato in un’epoca priva di motori o mezzi moderni?
Dove si trovavano le cave di marmo più importanti dell’Impero Romano
L’Impero Romano, nel suo periodo di massima espansione, aveva accesso a un’incredibile varietà di cave, alcune delle quali sono ancora oggi attive. Tra le principali ricordiamo:
- Carrara (Italia): celeberrima per il suo marmo bianco di qualità eccelsa, le cave apuane erano già sfruttate in epoca romana sotto il nome di Lunae Lapis.
- Paros e Nasso (Grecia): il marmo pario e il marmo nasso erano noti per la loro grana fine, ideali per scultura.
- Docimio (Turchia, attuale Afyon): da qui si estraeva il marmo pavonazzetto, bianco con venature violacee, molto usato in età imperiale.
- Chemtou (Tunisia): marmo giallo dorato, noto come giallo numidico, molto apprezzato per decorazioni sontuose.
- Teos e Proconneso (Asia Minore): cave importanti per marmi bianchi e grigi venati, usati in lastricati e colonne.
Tecniche di estrazione del marmo nell’antica Roma
I Romani non erano improvvisati: adottavano tecniche raffinate, molte delle quali precorrono l’uso moderno della meccanica.
1. Individuazione e taglio del blocco
Si iniziava con la ricerca delle venature e la marcatura della roccia. Poi si procedeva con:
- Scalpellatura per tracciare il perimetro del blocco
- Cunei di ferro o legno inseriti in fenditure praticate a mano
- Versando acqua sui cunei in legno, questi si gonfiavano, spaccando il marmo lungo le linee desiderate
2. Seghe e abrasione
Per tagli più precisi si usavano seghe di ferro, spesso mosse a mano da più schiavi, con sabbia e acqua come abrasivo.
3. Leva e carrucole
Per spostare i blocchi, si utilizzavano leve, rulli in legno e sistemi di paranchi con funi in fibra naturale, un piccolo miracolo di ingegneria pratica.
Come trasportavano il marmo fino a Roma
Il trasporto era la vera sfida, eppure i Romani lo affrontavano con metodo e organizzazione, combinando mezzi terrestri e navali.
Terra (dalla cava al porto o fiume)
- Si usavano slitte di legno su rulli o su solchi unti
- I buoi o gli schiavi trascinavano i blocchi per chilometri
- In alcuni casi, venivano costruite strade provvisorie solo per il trasporto del marmo
Mare (dal porto alla costa italiana)
- Le navi chiamate navis lapidariae erano appositamente costruite per caricare blocchi pesantissimi
- Talvolta i blocchi venivano gettati in mare per impedire il furto, e poi recuperati in un secondo momento (ci sono resti ancora oggi sui fondali!)
Fiume (fino a Roma)
- I blocchi venivano trasportati lungo il Tevere, fino al Portus, il porto fluviale di Roma, e da lì al centro città su carri.
Utilizzo nella città eterna
Roma era un cantiere continuo, e il marmo era il suo orgoglio: veniva usato per templi, fori, terme, statue, archi trionfali, sarcofagi. L’opulenza marmorea doveva riflettere la gloria dell’Impero. Augusto si vantava di aver “trovato Roma di mattoni e lasciata di marmo
Curiosità
- Alcuni blocchi impiegavano anni per arrivare a Roma.
- Alcune colonne dell’antico Egitto furono trasportate via mare fino a Roma e ancora oggi si ergono in chiese e piazze.
- Il Pantheon contiene marmi provenienti da almeno otto località diverse, sparse in tre continenti.
Quindi, una filiera monumentale
Le cave romane non erano solo miniere: erano punti nevralgici di una filiera globale, che anticipava la logistica moderna. Il marmo, scolpito con pazienza e trasportato con ingegno, ha superato imperi e secoli. Ancora oggi, camminando tra le rovine o nei palazzi papali, parliamo una lingua di pietra iniziata millenni fa nelle viscere di una cava.
Una mappa visiva accurata che mostra le principali cave di marmo dell’Impero Romano:

1. Carrara (Apuane, Italia)
Punto “1” sulla mappa: il celebre “Lunae Lapis”, fonte del marmo bianco e statuario, sfruttato fin dall’epoca romana.
2. Paros (Grecia)
Numero “3”: marmo Pario, noto per la sua grana fine, usato in sculture di alto pregio. Le gallerie sotterranee (“Lychnites”) sono ancora visibili.
3. Naxos (Grecia)
Vicino a Paros: marmo di Nasso, anch’esso di alta qualità, con grana grossa, utilizzato già in epoca greca e romana.
4. Docimium (Afyon, Turchia)
Contrassegnato come “4”, da qui proveniva il marmo pavonazzetto (bianco con venature viola), esportato tramite Efeso.
5. Isola di Marmara (Turchia)
Indicata da “B”: importante per il marmo, usato soprattutto in età bizantina
6. Chemtou (Tunisia)
Segnata sul Nordafrica: centro per il giallo antico (numidico), molto apprezzato per decorazioni e colonnati
Le cave presenti nella mappa

Località | Tipo di Marmo | Area |
Carrara | Marmo Bianco Apuano | Italia, Apuane |
Paros | Marmo Pario fine | Grecia, Cicladi |
Nasso | Marmo duro e compatto | Grecia |
Docimio | Pavonazzetto (venato viola) | Turchia |
Proconneso | Marmo grigio chiaro | Isola di Marmara |
Chemtou | Giallo numidico | Tunisia |
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