Davvero molto bello il nuovo film su Berlinguer, “Berlinguer. La grande ambizione”, diretto da Andrea Segre e con Elio Germano nei panni del protagonista. Il film, a metà fra il documentario e il romanzo storico, riesce contemporaneamente a ripercorrere i momenti salienti della segreteria di Berlinguer (1972-1984) e a raccontarci l’uomo, soprattutto nei panni di marito e di padre. Ecco allora che ci viene rivelato un uomo molto mansueto e un padre molto amorevole e comprensivo, con uno splendido rapporto sia con i figli che con la moglie. Emerge, ancora di più, la fatica di Berlinguer nell’interpretare il personaggio pubblico, sia pure con grande serietà e fermezza, rispetto alla spontaneità nell’ambito familiare, dove invece appare, a tratti, addirittura arrendevole per eccesso di disponibilità. Berlinguer viene molto spesso ritratto da solo, come a sottolineare l’isolamento al quale lo costringeva il suo ruolo ma anche l’atteggiamento, appunto di rigore e sacrificio, con il quale lo interpretava. Tutto ciò, del resto, trova riscontro nel rapporto con la sua terra, la Sardegna, e con la sua difficile infanzia in quei luoghi che pure continuò sempre ad amare.
Il film segue in particolare la vicenda legata al (mancato) Compromesso Storico e al rapporto con Andreotti e Moro (entrambi brillantemente interpretati rispettivamente da Paolo Pierobon e Roberto Citran), soffermandosi soprattutto sugli incontri privati e segreti fra i tre, dove la grandiosità degli eventi passa per l’essenzialità di una conversazione in salotto.
Ma quello che colpisce di più, non solo per chi non ha vissuto quegli anni, ma anche rispetto al modo in cui di solito vengono raccontati, è la rappresentazione di questo popolo di sinistra, anzi, comunista. Sono moltissime infatti le immagini, neanche di 50 anni fa, che ritraggono questo popolo molto numeroso, organizzato ed entusiasta, che arrivò a contare tra le sue fila un terzo degli italiani. E non si trattava solo degli studenti, degli operai e dei dirigenti, a colpire sono infatti soprattutto le signore anziane, numerose e appassionate, che seguono e partecipano alle vicende come se si trattasse di una processione o di una festa di paese. Sembra invece di vederne un altro di Paese, non l’Italia, e un’altra popolazione, una che, come gli aborigeni di tante parti del mondo, sembra essere scomparsa quando perse il proprio Sogno, quando cioè il suo sistema di pensiero, di valori e di relazioni venne stroncato dalla “ragione” del più forte.
Quasi inutile ormai tessere le lodi di Elio Germano, che a 44 anni è già uno dei migliori attori cinematografici italiani di sempre. Continua infatti sul solco delle sue incredibili interpretazioni di Leopardi e di Ligabue nel regalarci un Berlinguer che gli è valso il Premio Vittorio Gassman al miglior attore alla Festa del Cinema di Roma. Non altrettanto famoso è invece il regista Andrea Segre, anche lui quarantenne, che invece meriterebbe di esserlo. Infatti già nel 2011 diede ottima prova con “Io sono Li” e ancora, tra i molti lavori, nel 2023 con il documentario “Trieste è bella di notte”. Non vediamo l’ora di gustarci il prossimo!
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