
Fino a qualche anno fa, chiunque avesse attraversato Roma nel tardo pomeriggio, in particolare lungo il Tevere, tra Ponte Garibaldi e Ponte Vittorio, si sarebbe imbattuto in spettacoli voli aerei mozzafiato: vere e proprie coreografie danzanti nel cielo, disegnate da milioni di storni in sincronia perfetta. Un fenomeno naturale ipnotico, che sembrava orchestrato da una volontà invisibile. Ma oggi, quelle danze sono diventate rare. Sempre più rari gli stormi. Sempre più silenziosi gli alberi.
Che fine hanno fatto gli storni?
Chi sono gli storni e perché venivano a Roma?
Lo storno comune (Sturnus vulgaris) è un uccello migratore molto intelligente, adattabile, e capace di vivere sia in ambienti rurali che urbani. I gruppi più grandi provengono da nord ed est Europa (soprattutto Polonia, Russia e Paesi Baltici) e scelgono le città dell’Italia centro-meridionale per svernare, attratti da:
- il clima più mite,
- l’assenza di predatori naturali,
- l’illuminazione artificiale (utile per orientarsi),
- e la vegetazione urbana sempreverde (platani, pini, oleandri).
Roma, con i suoi lungoteveri pieni di alberi alti e vicini all’acqua, era un vero paradiso: un dormitorio ideale per milioni di storni.
Le famose “danze del cielo” e lo spettacolo serale
Prima di posarsi, gli storni eseguivano incredibili volteggi collettivi, in gruppi compatti da migliaia o milioni di individui, noti come murmurations. Queste danze avevano funzioni precise:

- Confondere i predatori (come il falco pellegrino),
- Trovare il punto giusto dove dormire,
- Mantenere il calore del gruppo.
Lo spettacolo era visibile da novembre a gennaio, specie al tramonto. Interi stormi si alzavano in volo da quartieri come Monteverde, Testaccio, Prati, Trastevere, passando sopra il Colosseo e San Pietro, in un balletto di ombre.
Perché sono diminuiti?
I motivi sono diversi e combinati. Eccone i principali:
- Allontanamento attivo da parte del Comune, il guano degli storni era diventato un problema urbano enorme: strade scivolose, alberi anneriti, cattivi odori e danni a monumenti. Il Comune ha avviato campagne di disorientamento acustico e luminoso, spruzzando getti d’acqua, suoni elettronici, o rumori di rapaci per scoraggiare la sosta notturna.
- Cambiamento climatici, inverni più miti in Europa centrale hanno ridotto la necessità degli storni di migrare così a sud. Sempre più stormi svernano nei Balcani o al nord Italia, senza scendere a Roma.
- Mutazioni dell’ambiente urbano, la potatura degli alberi in molti quartieri ha ridotto i punti di appoggio. In alcune zone si sono sostituite specie arboree non gradite agli storni. Inoltre, l’inquinamento acustico e luminoso sempre più forte li spinge a cercare zone più tranquille, come parchi periferici o riserve naturali.
- Disturbo eccessivo, con l’aumento del traffico, delle luci e dei cantieri in città, i dormitori storici sono diventati troppo rumorosi e instabili per il riposo notturno di massa.
Dove si sono spostati?
Alcuni gruppi di storni si possono ancora osservare:
- nella Riserva Naturale della Marcigliana,
- intorno al Parco della Caffarella,
- e sporadicamente lungo l’Aniene.
Ma si tratta di numeri drasticamente inferiori rispetto ai milioni che popolavano il centro fino agli anni 2010.
Cosa abbiamo perso
Oltre al sollievo per chi puliva il guano ogni mattina, abbiamo perso una delle meraviglie naturali più poetiche dell’inverno romano. Una danza che univa biologia, arte, silenzio e mistero. Un simbolo del ciclo della natura che si adattava ai ritmi della città eterna.
Conclusione: tra nostalgia e responsabilità
Il declino degli storni a Roma è un esempio lampante di come l’interferenza umana modifica gli equilibri naturali. Non si tratta solo di folklore: perdere gli storni significa perdere biodiversità, connessione col ritmo delle stagioni, e un pezzo della magia urbana che rende Roma unica.
Idee per completare l’articolo:
- Illustrazione serale con coreografia di stormi sopra il Tevere
- Immagine contrastata: stesso albero con e senza storni
- Infografica: “Dove si trovano oggi gli stormi in Italia”
- Poesia finale: “Lo stormo che non tornò”
Infografica: Dove si trovano oggi gli stormi in Italia
Nord Italia
- Valle Padana (Piemonte, Lombardia, Veneto): risaie e canali offrono habitat ideali.
- Laguna di Venezia: migliaia di individui svernano tra i canneti e i margini umidi.
- Delta del Po (FE/RO): zone umide perfette, visibili anche con binocoli dai punti panoramici.
- Parco del Ticino: frequentato da stormi più piccoli ma molto coreografici.
Centro Italia
- Parco della Caffarella (Roma Sud): luogo rifugio degli storni dopo lo spostamento dal centro.
- Riserva della Marcigliana (Roma Nord-Est): punto di concentrazione attuale più importante.
- Maremma toscana (GR): zone rurali tra oliveti e pinete con stormi numerosi.
Sud Italia
- Piana del Sele (SA): vasti spazi aperti agricoli favorevoli alla sosta e all’alimentazione.
- Puglia: area del Tavoliere (FG) e Salento, con fenomeni visibili nei cieli agricoli.
- Basilicata e Calabria: osservazioni più rare ma presenti in zone di campagna e fiumi.
Isole
- Sicilia occidentale (Trapani, Marsala): avvistamenti lungo le saline e le aree di migrazione.
- Sud Sardegna: zone agricole tra Iglesias e Cagliari ospitano piccoli gruppi.
“Lo stormo che non tornò”
Un tempo il cielo si piegava
ai battiti di ali leggere,
e Roma, al tramonto, si fermava
a guardare danzare il mistero.
Un fiume d’aria prendeva forma,
serpeggiando su cupole e tetti,
e anche chi non credeva ai miracoli,
alzava lo sguardo e taceva.
Ma poi venne il rumore, il fumo,
gli alberi tosati come insulti,
e il guano fu nemico da scacciare,
non più canto dell’inverno.
Così, piano piano, andarono via,
cercando riparo dove il cuore batte lento,
dove il cielo è ancora casa,
e l’uomo non ha ancora dimenticato il silenzio.
E Roma? Roma li sogna ancora,
tra le luci gialle dei lampioni e i pini neri,
lo stormo che non tornò…
rimane nell’aria, come promessa mai infranta.
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