Il Giappone ci regala un vero capolavoro

In uno scenario cinematografico internazionale ancora funestato dalla celebrazione di una porcheria come “Emilia Pérez”, un film che esiste solo come propaganda del politicamente corretto e che, dopo i Golden Globes, probabilmente farà anche incetta di Oscar, un vero film brilla nell’oscurità: si tratta di “Tofu in Japan”. Proposto purtroppo solo da pochi benché ancor più meritevoli cinema, questo capolavoro giapponese, realizzato dall’ottimo regista Mitsuhiro Mihara, ci ricorda ancora una volta qual è la differenza fra una vera opera d’arte e una truffa. Il film, delizioso e adatto alle famiglie, è in equilibrio mirabile fra commedia, dramma e documentario. 

Ambientato nella regione di Hiroshima, infatti, da un certo punto di vista il film individua come suo principale protagonista proprio la popolazione locale, da decenni alle prese con malattie e morti premature. Questo aspetto però non è affatto dominante durante la visione, dal momento che la storia è incentrata sulle vicende di un anziano ed eccezionale “cuoco” di tofu e di sua figlia. L’anziano padre vorrebbe trovare un marito per la figlia (trama memore di uno dei più grandi capolavori del cinema nipponico, “Tarda primavera” (1949) del maestro Ozu), “arruolando” per la ricerca un manipolo di amici che procedono in maniera tanto metodica quanto comica. Ovviamente, come evidenziato già nel trailer, l’aspetto gastronomico e culinario occupa uno spazio importante nel film, dando occasione di apprezzare ancora una volta la venerazione che i giapponesi hanno per la raffinatezza e la genuinità, non solo in cucina. Anche lo humor è irresistibilmente verace ed esilarante. Questo gioiello è riuscito a riempire le pur poche e piccole sale nelle quali è stato proiettato, ulteriore prova dell’apprezzamento per un film che riesce ancora a colpirci al cuore e alla mente come solo i veri capolavori e i classici riescono a fare, quindi mi auguro veramente che possa presto avere numerosi passaggi televisivi ed essere proposto dalle migliori piattaforme.

L’anziano genitore cuoco è interpretato da Tatsuya Fuji, che i cinefili ricorderanno per la sua collaborazione con il grande regista giapponese Nagisa Ôshima in film come “Ecco l’impero dei sensi” (1976). La sua interpretazione è meravigliosa, per nulla appesantita anzi impreziosita dall’età. Anche grazie a lui, “Tofu in Japan” si dimostra, per molti versi, superiore anche al contemporaneo capolavoro di Wim Wenders (grande cultore di Ozu) “Perfect Days”, ambientato proprio in Giappone. Un confronto fra questi due film è in effetti molto interessante. Mi ricorda, da un certo punto di vista, quello fra “Il Cacciatore” (1978) di Cimino e “Apocalypse Now” (1979) di Coppola. Entrambi fra i massimi capolavori del cinema e incentrati sulla guerra in Vietnam, essi hanno però un approccio molto diverso. “Apocalypse Now” infatti, così come “Perfect Days”, punta molto sulle capacità straordinarie dei rispettivi registi e sulla loro capacità eccezionale di proporre la loro “angolazione” e la loro “impronta” per l’intera durata, cosicché si ha sempre l’impressione di osservare un’opera d’arte che plasma la realtà nella maniera che ritiene più opportuna. Anche gli altri realizzatori di tali film, attori inclusi, danno il massimo, sottolineando ancora di più l’aspetto virtuosistico di tali opere. “Il Cacciatore” e “Tofu in Japan”, invece, anche se realizzati entrambi da squadre eccellenti, scelgono di mettere tali abilità in secondo piano, lasciando che siano la genuinità e la “artigianalità” delle opere a trasparire continuamente e a caratterizzare i film. Lo stesso modo in cui si prepara il tofu migliore.  

Leave a Reply

Your email address will not be published.