Il patio e l’abisso: l’incontro fra musica e mistica per scandagliare emozioni profonde

È possibile nei nostri aridi anni realizzare un progetto musicale e discografico di grande spessore culturale, ma certamente occorre un valore aggiunto, che faccia incontrare sacro e profano sullo scenario della grande mistica dell’Europa Moderna.

Coplas a lo Divino, è molto più che un‘incisione discografica. E’ piuttosto un percorso di ricerca che prende forma grazie a sei professionisti di grande esperienza e di profondo impegno etico: il poliedrico musicista Claudio Astronio,  la cantante e compositrice Maria Pia De Vito, Don Gino Samarelli, parroco di Molfetta, Nijolė Dorotėja Beniušytė, fondatrice e direttore artistico dell’associazione lituana Musica Vitale, Festival Internazionale Le strade d’Europa e Vilnius International Music Competition Premio Scarlatti, che in questo progetto è  in veste di manager della produzione, Paolo Fresu tromba, flugelhorn, electronics e Michel Godard serpent, tuba.

 

La copertina del disco di compone si queste tre parti che esprimono la forza e la passione messa in questo sublime lavoro

L’idea che sottende questa ambiziosa creazione è l’esplorazione di linguaggi diversi destinati a incrociarsi in differenti contesti. Coplas a lo Divino è infatti il titolo di una delle più significative raccolte liriche del mistico spagnolo Juan de la Cruz, uomo di lettere amico e contemporaneo di Santa Teresa d’Avila, con la quale condivise la tensione verso l’Infinito e l’Eterno e l’aspirazione alle riforme religiose fra i Carmelitani.

L’autore è stato retoricamente e poeticamente collegato con la musica di Antonio de Cabezon, l’organista di Carlo V, e altri grandi creativi nel mondo della musica sacra del XVI secolo. Nelle sue liriche, riflessione teologica e invocazione divina sono spesso trasfigurate nell’amore terreno, come nella venerazione della Vergine: ancora oggi in Spagna tale sentimento danza sulla sottile linea di confine fra la litania dell’invocazione e l’estasi dell’amore.

Le liriche di Juan de la Cruz, in costante equilibrio fra scrittura sacra e passione mistica, con la frequente evocazione dell’amor humano, rappresentano il focus ermeneutico di questa creazione musicale, che a volte ci spiazza per l’arditezza degli accostamenti, ma rimane in linea con il desiderio dei mistici ad ascendere le elevate vette del pensiero, per poi scrutare nell’abisso dell’anima, come avviene nei suoi capolavori, da La noche oscura al Cantico spirituale e alla Salita al Monte Carmelo.

Glorificazione di San Giovanni della Croce di Vicente Berdusán del 1676 – Per il convento dei Carmelitani Scalzi di Tudela Navarra || This file is licensed under the Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license.

Possiamo riflettere sul fatto che ciascuno di noi si muove sul crinale fra slanci emotivi e atteggiamenti opposti, come il bianco e il nero, la notte e il giorno, arsis e thesis, sacro e profano o antico e moderno. In questo lavoro musicale i confini si dissolvono e si propone una prossimità fra diversi stili.

Questo lavoro di ricerca poetica e musicale, che riporta alla memoria il rimpianto per un’analoga ricerca di Giuni Russo interrotta dalla precoce morte dell’artista, sospinge verso la contemplazione ma stimola anche a riflettere sulla crisi dell’uomo contemporaneo, incapace di destreggiarsi tra l’attaccamento ai piaceri quotidiani del patio e l’esigenza di una elevazione spirituale, col rischio di precipitare nell’abisso dell’insignificanza.

Per sintetizzare una più attenta analisi di forme e contenuti progettuali, diremo soltanto che gli antichi Tenor gregoriani e i bassi ostinati rimpiazzano i moderni pattern del jazz in un gioco al contrario tra gli stereotipi della musica antica filtrati dall’approccio non-accademico e puro di musicisti jazz di oggi: e l’improvvisazione è un altro comune campo di gioco.

Le tracce di brani antichi come Diffusa est Gratia, Upon la mi re, Jesu Christo Hombre y Dios, Io per me, Dic nobis Maria e Jesu dulcis memoriae, sono stati interpretati rispettando ogni nota. Nulla è stato aggiunto in arrangiamento se non qualche breve e leggera diminuzione come del resto era prassi a quell’epoca. In particolare Upon la mi re di Thomas Preston (1550 ca), un manoscritto ritrovato al British Museum di Londra che qui è affidato alla voce di Maria Pia De Vito, è probabilmente in origine un brano per uno strumento soprano, forse il cornetto. 

Il Tenor Adest Sponsus e Ave Maris Stella vengono usati come moderni standards, come base e “ground” per creare strutture improvvisative. Entrambe le tracce sono pure e semplici improvvisa-zioni live. Un’altro Tenor su Ave Maris Stella fa da base per l’improvvisazione di Coplas I: tutte le improvvisazioni da Coplas I a Coplas IV sono naturalmente ispirate alle relative Coplas liriche di Juan de la Cruz. 

Sono infine state aggiunte alcune composizioni moderne, come la stupenda Corpus Christi Carol di Benjamin Britten, che sintetizza perfettamente il cammino sulla lama di un rasoio che in questo lavoro hanno compiuto i due musicisti Astonio e De Vito. Tiento e Glosa a lo Divino sono state appositamente composte da i nostri due artisti: la prima basata sul ground della Xàcara di Juan Bau-tista Cabanilles, lo stesso basso ostinato usato nel Flamenco, la seconda è un contrappunto basato su tre temi tratti dal Canto del Caballero di Antonio de Cabezon, che racconta di una donna e del suo amore impossibile per un Cavaliere. Il testo di Glosa a lo Divino, brano che conclude l’album, non è che l’ultima quartina di una lirica, sempre di Juan de la Cruz:

 

“…. por toda la hermosura

yo nunca me perderé

si no por un no se que

que se alcanza por ventura.”

 

Abbiamo voluto intervistare, ponendo loro alcune domande, due dei personaggi che hanno reso possibile questa splendida esperienza musicale. 

Don Gino Samarelli Parroco di Molfetta, Coplas a lo Divino non è solo un album musicale di gran pregio. È un’immersione nell’esperienza spirituale di un gigante del pensiero. Come nasce l’idea di questo straordinario progetto culturale?

I progetti nascono sempre da una visione e la visione da una ricerca. Sono tanti i modi di fare musica e quando si sceglie di entrare dentro allora è possibile indagare nell’anima del mondo, di sé stessi.

– Il pensiero di San Juan de la Cruz, così profondo e ricco di introspezione psicologica, può ancora parlare alla mente e al cuore dell’uomo di oggi?

Certo che sì! Anzi, più povertà di spirito c’è più la fame dell’anima cresce. A volte abbiamo l’impressione che l’umanità di oggi sia priva di anima e invece, anche nelle peggiori manifestazioni, c’è un bisogno di vita autenticamente umana che se compresa e sostenuta darebbe buoni frutti.

– Il misticismo ha caratterizzato molte epoche della storia religiosa. La fuga dei giovani verso comunità di ricerca e di lavoro, può essere la chiave di una nuova tensione verso l’infinito e l’eterno?

Dipende dal significato che si vuole attribuire al misticismo. Se è una ricerca autenticamente e interiormente libera, allora ogni percorso trova legittimità; se invece è fuga da qualcosa o da qualcuno, allora è frustrazione e alienazione.

– La bellezza delle musiche e dei testi evoca immagini tipiche delle arti visive. Perché non pensare a organizzare una messa in scena teatrale in occasione degli spettacoli previsti per l’Anno Santo?

Ad averne possibilità e opportunità, perché no? Ogni musica, infatti, è un’irresistibile fonte per l’immaginazione visiva e il suono ha una particolare capacità di provocare percezioni di rimando. Inoltre, la musica nella liturgia è essa stessa liturgia e contribuisce alla manifestazione del Mistero. Per questo, più che scena teatrale vedrei un’animazione liturgica.

-Maestro Claudio Astronio, anche a lei chiediamo come nasce l’idea di questo straordinario progetto culturale?

In realtà il progetto è nato dalla collaborazione con Maria Pia de Vito, con la quale abbiamo suonato in duo vari progetti per alcuni anni. Nel caso di Coplas, volevamo produrre qualcosa di più grande, con interazioni con altri grandi musicisti del campo del jazz, ma dedicandoci esclusivamente o quasi alla musica antica e all’improvvisazione. Coplas nasce da qui: il contatto con Paolo Fresu alla tromba e flicorno ed elettronica, e Michel Godard, tuba e serpentone, ha formato un quartetto con il quale inizialmente abbiamo affrontato musica del Cinquecento e Seicento e autori come Thomas Preston, Giovanni Maria Nanino, anonimi spagnoli, Alessandro Stradella ed elaborando temi gregoriani, prassi comune del periodo barocco. Ad un certo punto ci siamo accorti che ci serviva uno spunto retorico per legare il tutto, per rendere questo lavoro un vero concept ed ecco l’idea di far guidare il fil rouge alle liriche di Juan de la Cruz, adatto proprio per la sua duplice essenza: quella mistico filosofica e quella religiosa e poetica. Era perfetto per rappresentare e simboleggiare i due mondi del jazz e della musica antica che si incontravano, pur così diversi. Ai brani composti si sono aggiunte 5 improvvisazioni che abbiamo chiamato Coplas I-IV e Ave Maris Stella, un tenor molto usato nel 1500. Ci è piaciuto troppo, e abbiamo inciso tutto in un giorno praticamente dal vivo aggiustando solo due brani in studio più avanti.

 

-Il pensiero di San Juan de la Cruz, così profondo e ricco di introspezione psicologica, può ancora parlare alla mente e al cuore dell’uomo di oggi?

 

Ovviamente si, o almeno ci sarebbe bisogno di questa elevazione del pensiero al di là del misticismo e della religione. Mai come oggi, periodo di guerre e violenza, di solitudine degli umani la cui attenzione e l’amore per il mondo è deviata e frustrata dalla tecnologia.

 

-Il misticismo ha caratterizzato molte epoche della storia religiosa. La fuga dei giovani verso comunità di ricerca e di lavoro, può essere la chiave di una nuova tensione verso l’infinito e l’eterno?

 

Io credo nella vita quotidiana, nelle azioni semplici e nella trasmissione della bellezza: per questo faccio il musicista e credo che attraverso la musica passi un linguaggio talmente completo ed universale da poter diventare liberatorio e taumaturgico. Ma la musica non basta, e trovo molto difficile immaginare il futuro.

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