La Nascita di Maastricht

Dopo il disvelamento sull’identità del vero James Bond proseguiremo il viaggio nella “Storia Contemporanea” tenuta a debita distanza da decenni e che riscrive quello che molti di noi sanno o pensavano di sapere.

Gianni De Michelis, ex ministro degli esteri dell’ultimo governo Andreotti, nel 1996 scrisse un articolo dal titolo “La Verità su Maastricht”. Fra le tante cose che descrisse l’allora ministro degli Esteri del VII governo guidato da Giulio Andreotti alcuni fatti storici per comprenderele verità sull’Europa e dell’Europa. Il crollo del muro di Berlino stava sconvolgendo gli equilibri mondiali con tutti gli effetti geopolitici: e, già al vertice straordinario di Parigi nel novembre 1989, si delineò quello che sarà lo scambio geopolitico implicito nel trattato di Maastricht: l’Europa diede via libera alla Germania per la riunificazionein tempi rapidi, ottenendo come contropartita l’europeizzazione del marco. Di fatto la nascente moneta unica, l’euro, sarà il marcotedesco con una sostanziale e determinante novità in quanto a gestirlo non sarà più la grande Bundesbank, bensì la BCE dove, in un sistema paritario, i tedeschi avranno un solo seggio come tutti gli altri Paesi. Alla fine la Germania fu costretta ad accettare e perdere il suo forte “marco” a cui non avrebbe mai voluto rinunciare. Accettò l’integrazione europea con l’impegno formale di rinunciare “persino alla sovranità sul marco a una data fissata, il primo gennaio 1999, pur di garantirsi l’appoggio dei partner alla riunificazione”. In questo passaggio di Gianni De Michelis che riproponiamo integralmente, si evidenziarono le grandi capacità sia sue che di Giulio Andreotti:

ho un ricordo personale molto vivo che può illustrare la sorda battaglia fra Kohl e gli altri leader europei … dopo cena ci raduniamo intorno al caminetto per un caffè Mitterand al centro, attorno a lui i capi di Stato o di governo disposti a semi cerchio, poi una seconda fila con i ministri degli Esteri. Io sono seduto alle spalle di Andreotti e Kohl. Mitterand parla e fa subito capire che per lui la questione dell’unità tedesca è un’eventualità storica, da verificarsi in un futuro abbastanza imprecisato. Sullo stesso tono gli interventi degli altri, da Gonzalez alla Thatcher. Kohl diventa sempre più rosso di rabbia e quando tocca a lui sembra quasi che stia per piangere. Il succo del suo intervento è questo: voi non potete farmi tornare a Bonn, dal mio popolo, senza un messaggio chiaro di appoggio dell’Europa alla riunificazione tedesca. È emozionatissimo perché capisce che sta rischiando di restare a mani vuote.” De Michelis che gli èseduto dietro sa che a quel punto la parola tocca ad Andreotti e da valente ministro degli Esteri si china per parlargli all’orecchio: “Presidente, adesso

tutti si aspettano da te la stoccata finale. Sanno benissimo come la pensi sull’unificazione tedesca (amava così tanto la Germania da volerne due. Per inciso

Andreotti veniva da una riunione della Nato in cui aveva avuto uno scontro molto forte con Kohl nda), ma qui hai un’occasione unica. Qui non bisogna badare alle proprie idee, ma alla politica. Proprio perché tutti sanno come la pensi, se tu apri uno spiraglio a Kohl le tue parole varranno doppio. Io e Fagiolo (diplomatico e consigliere di De Michelis nda) abbiamo preparato una frasetta per fissare la posizione italiana. Con tutte le cautele diplomatiche, questa frasetta dichiara che l’Europa auspica e promuove l’unificazione della Germania. Niente di definitivo, ma è ciò di cui Kohl ha bisogno per superare l’impasse”. Andreotti colse al volo l’idea e lesse quella frasetta, immortalata poi nel comunicato finale. Tutti gli altri furono presi in contropiede. Se Andreotti si era convinto ad aprire fu difficile per tutti gli altri non tenerne conto. Di colpol’impasse fu superata e il vertice si chiuse con un esplicito appoggio della Comunità all’idea della riunificazione tedesca.

Credo che Kohl non abbia dimenticato quel momento e che il nostro buon rapporto con i tedeschi nasca anche di lì.” concluse De Michelis lasciando intendere alla creazione di un forte asse Roma-Berlino. 

Da quel rapporto politicamente forte fra un vecchio democristiano, Andreotti, ed un vecchio socialista, De Michelis, si possono apprendere due lezioni: l’appartenenza politica internazionale è cosa vitale e che, a dispetto delle proprie idee, si devono ribaltare come nel caso del Presidente Andreotti, per ottenere un ruolo primario da poter gestire.

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