Risorse minerarie

Un altro importante punto di contatto tra l’Atlantide di Platone e la Groenlandia è la grande ricchezza di risorse minerarie. Riguardo ad Atlantide, Platone afferma che “l’isola forniva la maggior parte delle risorse necessarie alla vita, a partire dai metalli, sia duri che malleabili, che vengono estratti dalle miniere” [46].
Per quanto riguarda la Groenlandia attuale, “Il Center for Minerals and Materials (MiMa) presso GEUS ha appena pubblicato un rapporto che valuta il potenziale di materie prime critiche in Groenlandia (…) Il rapporto mostra che la Groenlandia ha un grande potenziale inutilizzato per materie prime critiche, tra cui i metalli delle terre rare grafite, niobio, metalli del gruppo del platino, molibdeno, tantalio e titanio, tutti già importanti o che lo diventeranno per la transizione verde” [47].
Più in generale, secondo Mark Rowe, “Durante la Guerra Fredda, l’Artico era freddo in tutte le sue forme; letteralmente e anche politicamente, era un posto a parte’, dice Caroline Kennedy-Pipe, responsabile della politica e degli studi internazionali presso l’Università di Loughborough. Dagli anni ’90, con lo scioglimento della Guerra Fredda, lo scioglimento dell’Artico ha accelerato. ‘Quello che accade nell’Artico non rimane nell’Artico. Proprio come lo scioglimento dei ghiacciai artici porta all’innalzamento del livello del mare nel Mediterraneo orientale, così la geopolitica emergente dell’Artico sta influenzando il modo in cui le principali potenze mondiali interagiscono tra loro’ (…) In Groenlandia, lo scioglimento dei ghiacci sta portando alla luce giacimenti minerari che hanno un’alta probabilità di contenere oro, nichel, elementi del gruppo del platino, rame, piombo, zinco, molibdeno, diamanti ed elementi delle terre rare” [48].
Ma ritorniamo a Platone, il quale, dopo aver dichiarato che tra le risorse di Atlantide vi erano tutti i tipi di metalli che si estraggono nelle miniere, sottolinea che vi era “anche quel tipo di metallo che ora è noto solo per il nome ma che allora non era solo un nome, essendovi miniere di esso in molti punti dell’isola: intendo l’oricalco, che era il più prezioso dei metalli allora conosciuti, eccetto l’oro” [49].
Questo passo ci dice che l’oricalco era certamente un metallo prezioso (e non una lega di rame e zinco, come si ritiene oggi) e ciò risulta evidente anche da un altro passo in cui la letteratura greca lo menziona. Ci riferiamo al II Inno Omerico ad Afrodite, nel quale gli orecchini che adornano la statua della dea sono “fiori d’oricalco e d’oro prezioso” (“ánthem’oreikhálkoukhrusoîo te timéentos”). Ciò conferma senza ombra di dubbio che si tratta di un metallo nobile, paragonabile in valore all’oro, come Platone afferma. Inoltre, come vedremo tra poco, nel Crizial’oricalco è menzionato, insieme all’oro e all’argento, tra i metalli preziosi che decoravano il sontuoso tempio di Poseidone.
Ma cos’era l’oricalco? Per identificarlo, dobbiamo tenere presente che nelmondo antico l’oro e l’argento erano gli unici metalli preziosi conosciuti. D’altro canto, il platino (i cui principali giacimenti si trovano nei Monti Urali, in Alaska e in Sud America) rimase sconosciuto in Europa fino a quando Antonio De Ulloa non lo scoprì nel 1735 in giacimenti colombiani, sebbene alcune popolazioni precolombiane già conoscessero questo metallo e lo lavorassero (malgrado la sua elevatissima temperatura di fusione: 1.768°C). Ora, poiché l’oricalco non è una lega ma un vero e proprio metallo, e tutti i metalli esistenti sono inclusi nella tavola periodica degli elementi di Mendeleev, ne consegue che esso è identificabile con il platino. Infatti, il platino è ancora oggi, proprio come allora, il metallo più prezioso insieme all’oro, anche a causa della sua scarsità nella crosta terrestre. Per quanto riguarda le risorse di elementi del gruppo del platino (PGE) in Groenlandia, esse “hanno attirato interesse già negli anni ’60 e sono state parte dell’esplorazione della Groenlandia a partire dagli anni ’70”
A questo punto, il fatto che anche un metallo così raro si trovi in Groenlandia rappresenta unulteriore indizio che quest’ultima sia identificabile con l’isola Atlantide. Va altresì notato che le valutazioni della presenza di materie prime nel sottosuolo della Groenlandia si basano su indagini limitate a luoghi (di solito vicini alle coste) dove ora non vi è copertura di ghiaccio. Insomma, poiché il riscaldamento globale nei prossimi anni aumenterà la superficie libera dal ghiaccio, non si possono escludere ulteriori positivesorprese.
Fa inoltreriflettere il fatto che, come afferma Platone, al tempo della fioritura di Atlantide il valore dell’oricalco era paragonabile a quello dell’oro, proprio come lo è adesso il platino. Infatti, attualmente “il platino tende a superare il valore dell’oro durante periodi prolungati di crescita economica o di stabilità monetaria percepita, e a scendere al disottodell’oro durante periodi prolungati in cui si deteriora la fiducia nell’economia e nel sistema finanziario” [52].
Ciò sembra suggerire che le dinamiche commerciali della civiltà preistorica descritta da Platone, presumibilmente basate sul commercio anche su lunghe distanze, ad onta dei millenni che la separano da noi forse, almeno per certi versi, non fossero troppo diverse da quelle odierne.
A questo proposito, ecco unemozionante “spot”, visivo e sonoro, quasi un’immagine da telegiornale che, grazie a Platone, ci giunge direttamente dall’antichissimo mondo degli Atlanti, consentendoci per un attimo di aprire una breccia nel muro che ci impedisce di vedere la vita quotidiana degli uomini di allora: “…La via marittima e il porto più grande erano pieni di navi e di mercanti provenienti da ogni parte, che a causa della loro moltitudine causavano clamore e tumulto di ogni genere e un frastuono incessante, sia di giorno che di notte” [53].
La fine di Atlantide
Tutto questo insieme di corrispondenze – dimensioni, posizione geografica, morfologia, grandi risorse minerarie – conferma che Atlantide è identificabile con la Groenlandia, ovviamente in un’epoca in cui l’Oceano Artico era navigabile.
A questo punto, però, sorge spontanea un’obiezione. Si ritiene comunemente che l’isola di Atlantide sia stata improvvisamente inghiottita dal mare e quindii suoi eventuali resti dovrebbero giacere da qualche parte su un fondale oceanico. Dobbiamo quindi esaminare la questione in profondità, rileggendo i passaggi dei due dialoghi di Platone che trattano della fine dell’isola per chiarire questa contraddizione.
In effetti, qui i due dialoghi divergono. Il Crizia, da cui abbiamo tratto molte delle informazioni riportate in precedenza, e in particolare quelle relative alle grandi montagne che circondavano la pianura centrale (assolutamente incompatibili con la repentina scomparsa dell’isola), termina, interrompendosi bruscamente,proprio nel momento in cui nell’assemblea degli dei Zeus sta per annunciare quale tipo di punizione avrebbe inflitto agli Atlantiper la loro crescente e ormai intollerabile iniquità.
Invece il Timeo racconta che, dopo una guerra avvenuta tra gli Atlanti e gli Ateniesi, “successivamente avvennero terrificanti terremoti e cataclismi, e nel giro di un giorno e una notte terribili tutto il vostro esercito fu inghiottito dalla terra, e ugualmente l’isola Atlantide fu inghiottita dal mare e scomparve; per cui anche quel mare adesso è diventato impraticabile e inesplorabile, essendovi ad impedimento il fango molto basso che l’isola inabissandosi ha lasciato” [54]. Qui è evidente che non vi è alcuna traccia di montagne.
Ora, tutto ciò sembra suggerire che il mito di Atlantide sia nato dalla sovrapposizione di due realtà geografiche molto diverse: una, narrata nel Crizia, corrisponde a un’isola molto grande sulle cui coste si ergono molte montagne altissime (che evidentemente non possono sprofondare né tanto meno scomparire), mentre l’altra, quella del Timeo, sembra almeno in parte riferirsi a un’isola piatta che alla fine, a causa di un cataclisma, venne inghiottita dal mare.

Quello che sembra essere il più antico dei due strati, descritto con dovizia di particolari nel Crizia, per molte ottime ragioni,come abbiamo avuto modo di verificare, corrisponde indubbiamente alla Groenlandia, così come la parte della narrazione del Timeo che abbiamo esaminato per prima, la quale fa riferimento alla rotta verso il continente americano e le isole interposte e sottolinea le enormi dimensioni dell’isola, “che era più grande della Libia e dell’Asia insieme”.
Ma cosa si può dire della prosecuzione del racconto del Timeo, che riporta la guerra degli Atlanticon Atene e la loro fine catastrofica a seguito di quello she sembra essere stato una sorta di terrificante tsunami? A questo proposito, vi è una realtà geografica molto particolare, che migliaia di anni fa fu “inghiottita dal mare e scomparve”, alla quale si può associare una qualche ragione per identificarla con quell’isola bassa, improvvisamente scomparsa, menzionata nel Timeo. Ci riferiamo alDoggerBank, un grande banco di sabbia sommerso, in una zona poco profonda del Mare del Nord, a circa 100 chilometri dalla costa orientale dell’Inghilterra, che si estende per circa 17.600 kmq [55]
Nel Mesolitico esso era ancora una terra emersa, chiamata dagli studiosi moderni Isola Doggerland, che si trovava tra l’Inghilterra e la Danimarca, al largo della costa olandese. Era ciò che rimaneva di un vasto territorio che in un’epoca ancora precedente si estendeva dall’Inghilterra alla penisola dello Jutland (cioè su gran parte dell’attuale Mare del Nord) – la cui esistenza era già stata ipotizzata da Otto Rydbeck [56] all’inizio del secolo scorso – e che sprofondò gradualmente sott’acqua man mano che il progressivo scioglimento dei ghiacci dopo la fine dell’ultima glaciazione innalzò il livello del mare.
Il Doggerland era una terra bassa, senza montagne, con lagune, spiagge, fiumi, paludi e laghi, dove sono state trovate tracce di attività umana (tra cui un arpione in osso lungo 22 cm), nonché resti di animali, come leoni e mammut [57]. Ma pare che la definitiva scomparsa del Doggerland sia stata preceduta da un improvviso evento catastrofico. Intorno al 6200 a.C. l’isola sembrerebbe essere stata sommersa da uno spaventoso tsunami, causato da un’enorme frana sottomarina, la frana di Storegga, avvenuta nell’Atlantico al largo della Norvegia. Si è insomma ipotizzato che i territori costieri sia della Gran Bretagna che dell’Europa continentale, allora estesi su aree ora sommerse, sarebbero stati temporaneamente inondati dal terrificante tsunami innescato dalla frana di Storegga. Questo evento avrebbe avuto un impatto catastrofico sui popoli dell’epoca [58], al punto che siè stimato che addirittura un quarto della popolazione mesolitica della Gran Bretagna possa aver perso la vita [59]. Tuttavia la questione è controversa [60].
Si può supporre che dopo il disastro, che avrebbe cancellato ogni traccia di vita sul Doggerland, ciò che ne rimaneva continuò a sprofondare nel tempo nel mare, il cui livello si alzò sempre di più, fino alla sua definitiva scomparsa; tuttavia, quei sedimenti e fondali fangosi menzionati nel Timeodovettero restarea lungo in superficie o poco al disotto, ostacolando la navigazione.Non è quindi irragionevole ipotizzare che il ricordo della tragica scomparsa dell’isola piatta delDoggerland (che fosse un avamposto degli Atlantiin territorio europeo?) nel tempo si sia sovrapposto a quello, certamente dovuto al gelo, dell’altra isola, la Groenlandia, ben più grande e geologicamente del tutto diversa, come appare dall’accuratissima descrizione che ne fa il Crizia.
D’altronde, riguardo a quell’Atene con cui gli Atlanti erano in guerra poco prima dello tsunami, Platone stesso afferma che si trattava di una città dall’aspetto molto diverso da quello attuale. In effetti, questa Atene preistorica, fondata e guidata dalla dea Atena edaEfesto, a suo dire si trovava in un territorio completamente diverso da quello dell’Atene greca: “A quell’epoca aveva per montagne alte ondulazioni del terreno; le piane adesso chiamate ‘Campi di Felleo’ erano ricoperte di terra fertile; sulle montagne vi erano grandi foreste (…) L’Acropoli, come esisteva allora, era diversa da quella che è ora (…) ma prima, in un tempo precedente, era vasta al punto da estendersi verso l’Eridano e l’Ilisso, comprendeva al suo interno la Pnice e, dalla parte opposta della Pnice, arrivava fino al Monte Licabetto” [61].
Notiamo che l’ampiezza attribuita da Platone a questa città corrisponde all’aggettivo “ampia” con cui Omero definisce Atene [62], città che, secondo le nostre precedenti ricerche (secondo cui i poemi omerici avrebbero avuto origine da saghe nate nell’Europa settentrionale prima della discesa degli Achei nel Mediterraneo) [63] si sarebbe trovata nel territorio dell’attuale città svedese di Karlskrona, affacciata sulla costa meridionale del Mar Baltico, quindi non molto lontana dal Mare del Nord dove si trova il DoggerBank. Tra l’altro, tutto ciò spiega anche la stranezza del nome al plurale di Atene, che rimanda alla particolare posizione della sua antenata baltica, la quale si estendeva sia sulla terraferma che sulle isole adiacenti [64].
Quanto alla fine della civiltà degli Atlantigroenlandesi, su cui il Crizia tace perché s’interrompe proprio nel momento in cui Zeus sta per annunciarla (a meno che l’interruzione non sia stata voluta dallo stesso Platone, che forse non sapeva spiegarsi la divergenza rispetto alla fine degli AtlantidelDoggerland, che combatterono contro gli Ateniesi e furono poi travolti dallo tsunami), forse ne troviamo l’ultima memoria nel mondo iranico. Secondo il racconto dell’Avesta (il complesso dei libri sacri dello Zoroastrismo), il dio Ahura Mazda annunciò a Yima, il mitico primo re degli uomini, che una serie di inverni molto rigidi avrebbe distrutto il suo paese e che dopo ci sarebbero stati dieci mesi di inverno e due di estate [65]: ora, questo è il clima attuale delle regioni artiche. È interessante anche notare che il nome Yima è legato al concetto di “gemelli”, tipico dei re di Atlantide [66].Infatti, nel mondo indù Yima diventa Yama (o Yamarāja), dio della morte e degli inferi, gemello di Yami [67].
D’altronde il ricordodiunantichissimodisastroclimaticoèrimastovividamenteconservatoanche nellamemoriadialtri popoli. PensiamoadesempioalterribileRagnarokdei miti nordici, il cosiddetto ‘CrepuscolodegliDèi’:“LoannunceràuninvernospaventosoeterribiledinomeFimbulvetr;daognipartecadràlanevevorticando,ilfreddosaràintensoeiventipungenti.Nonsigodràpiùdelsole.Treinvernisisusseguirannoenonvisarannoestatidimezzo”[68]. Un altro esempio lo troviamo neimitiarturiani,diorigineceltica,dovesiparladella ‘Terre Gaste’,“Laterradesolata,abbandonatadaisuoiabitanti,privadicoltivazioni,immersainuninvernoprecoce”[69],acuiforsealludeancheilprofetaIsaia:“EccocheilSignorespopolalaterra,ladevasta,nealteral’aspetto,nedisperdegliabitanti”[70].
In ogni caso, l’arrivo del gelo e la drammatica conclusione di un’epoca ben si attagliano all’ipotesi della tragica fine della civiltà atlantica in Groenlandia, di cui l’interruzione del Crizia proprio nel momento culminante ci ha purtroppo privato di una testimonianza diretta.
continua con la terza ed ultima parte nel prossimo numero
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