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L’Isola Bianca e la Costellazione della Coscia
Ora andremo ad esaminare un testo altro molto lontano dal mondo della Grecia classica. Si tratta di un brano tratto dallo Shanti Parva, che è il libro più lungo del Mahabharata, il grande poema indiano:
“Sulle rive settentrionali dell’Oceano di Latte vi è un’isola di grande splendore, chiamata l’Isola Bianca. Gli uomini che abitano quell’isola hanno carnagioni bianche come i raggi della luna e sono devoti a Narayana. Adoratori di quel Primo fra tutti gli Esseri, sono devoti a Lui con tutta la loro anima (…) In effetti, gli abitanti dell’Isola Bianca adorano un solo Dio (…) Desiderosi ardentemente di contemplarlo e con i nostri cuori pieni di Lui, siamo alla fine arrivati a quella grande isola chiamata l’Isola Bianca” [71].
Ora, anche considerando che “gli uomini che abitano quell’isola hanno carnagioni bianche come i raggi della luna”, l’Oceano di Latte ha tutta l’aria di essere l’Atlantico settentrionale, che spesso, a causa della copertura nuvolosa e della foschia, appare spesso bianco o grigio [72], molto diverso dall’Oceano Indiano. Quanto al nome dell’Isola Bianca, situata sulle sue “rive settentrionali”, ci sembra appropriato al punto da rappresentare di per sé una prova importante a favore della sua identificazione con la Groenlandia: infatti, le navi che arrivavano dall’Islanda, nell’avvicinarsi alla costa orientale di Atlantide, vedevano per prima cosa apparire all’orizzonte le altissime montagne delWatkins Ridge, perennemente ricoperte di neve e di ghiaccio.
Insomma questa citazione dell’Isola Bianca nel Mahabharata indiano ha tutta l’aria di essere un antico ricordo dell’Atlantide di Platone, e trovandosi in un testo molto lontano sia dal mondo classico, sia dalla cultura egizia da cui Platone afferma di aver tratto il suo racconto, rappresenta un’altra preziosa testimonianza a favore dell’effettiva esistenza di quella civiltà e della sua collocazione sulla “grande isola”, come la definisce quel poema, nell’Atlantico settentrionale.
Ma questo brano appare molto significativo anche per un altro motivo. Infatti il dio dell’Isola Bianca, Narayana, “galleggiava sul serpente Ananta (“Infinito”) sulle acque primordiali” [73]. Narayana è, quindi, il corrispondente del dio di Atlantide, Poseidone, signore del mare nonché padre di Atlante e capostipite della potentissima stirpe regale che regnava sull’isola. È infatti a Poseidone che gli Atlanti avevano dedicato il sontuoso tempio, situato nell’isola centrale insieme con la reggia, che Platone descrive in dettaglio: “Era lungo uno stadio, largo tre pletri, alto in proporzione; e nel suo aspetto vi era qualcosa di barbarico. Tutto l’esterno del tempio lo rivestirono d’argento, tranne i pinnacoli, che rivestirono d’oro. Quanto all’interno, fecero il soffitto tutto d’avorio, variegato con oro, argento e oricalco, e tutti gli altri muri, pilastri e pavimenti li ricoprirono di oricalco. E vi posero statue d’oro, una delle quali era quella del Dio in piedi sul suo carro, che guidava sei destrieri alati: la sua figura era così alta da toccare il soffitto, e attorno a lui vi erano cento Nereidi sui delfini”[74].
D’altro canto, l’evidente relazione, che sembra presupporre un’identità primordiale, tra le figure di Poseidone e Narayana è indubbiamente arricchita dal rapporto che avevamo in precedenza trovato tra l’Atli groenlandese, che nella mitologia nordica è sottoposto ad un supplizio tipico del mondo azteco (ma il Turolla aveva già notato l’analogia tra il singolare porto circolare di Atlantide e il mitico Aztlàn), e il nome di Atlante.
Insomma, il mito di Atlantide sta rivelando una dimensione sempre più “internazionale”, che forse nessun altro mito al mondo possiede nella stessa misura. Infatti, oltre che la Grecia e l’Egitto, a questo punto vi appaiono coinvolti anche la mitologia indiana, quella nordica e persino gli Aztechi! Ciò d’altronde appare coerente con la dimensione di potenza globale che Platone attribuisce all’isola perduta, i cui re erano i signori degli oceani.
Ma Narayana ci fornisce ancora un altro spunto. Dalla sua coscia nacque Urvashi, una bellissima ninfa celeste, il cui nome potrebbe derivare da ‘ūru’ [75], “coscia” in sanscrito. Ciò trova un significativo parallelo nella mitologia greca, dove il dio Dioniso nasce dalla coscia di Zeus. Infatti Zeus lo salva ponendolo nella sua coscia dopo aver ucciso con un fulmine la madre, Semele, che lo portava ancora in grembo. E sempre riguardo a Dioniso, nonché all’altro dio del vino, Libero, che ne è il corrispondente nell’antica religione romana, Plinio menziona esplicitamente il loro rapporto con la “coscia” (“meros” in greco): “Molti attribuiscono all’India la città di Nisa e il monte Meru, sacri al padre Libero, da cui deriva la leggenda che lo fa nascere dalla coscia di Giove” [76].
Ma cosa significa “nascere dalla coscia”? Qui viene spontaneo il confronto con il profilo sia della Groenlandia, sia di Atlantide nella mappa di Athanasius Kircher (gesuita tedesco del XVII secolo), che mostra un’enorme isola, da lui situata nell’Atlantico davanti a Gibilterra, dall’aspetto vagamente ovoidale – o meglio: di grande “prosciutto” – con la punta rivolta a sud, che presenta una notevole somiglianza con quella della Groenlandia . Per inciso, nella mappa di Kircher il nord è indicato verso il basso; pertanto, per confrontarla con la Groenlandia si usa capovolgere la mappa in modo da portare il nord verso l’alto.

Qui è evidente l’analogia tra l’aspetto della Groenlandia e la forma di Atlantide riportata dalKircher, simile a una gigantesca coscia con l’attacco dell’anca a nord e il ginocchio a sud. Tuttavia, Kircher, evidentemente tratto in inganno dalla tradizionale (ed erronea) identificazione delle Colonne d’Ercole con lo Stretto di Gibilterra, ritenne necessario porre Atlantide di fronte a quest’ultimo, il che ovviamente ha fatto perdere credibilità alla sua mappa. Per inciso, sempre nella mappa di Kircher (la cui origine non è nota) sono indicate altre due isole tra Atlantide e il continente americano, una delle quali, la più grande, potrebbe corrispondere all’isola canadese di Baffin, mentre l’altra, più piccola e situata più a nord, potrebbe rappresentare l’ultimo ricordo di Ellesmere.
Tornando alla “coscia” e al greco “meros”, a questo punto notiamo anche che Meropide è il nome di un’isola mitica menzionata dallo scrittore greco Teopompo di Chio e conservata nei frammenti riportati nella “Varia Historia” di Claudio Eliano, che la colloca al di là dell’Oceano Atlantico. Per questo motivo, ma anche per le grandi dimensioni che le vengono attribuite, talora è stata identificata con l’Atlantide di Platone. Inoltre nella letteratura greca troviamo un Merope re di Cos, chiamato “la città dei Meropi” [77]. A questa rete di correlazioni, così intricata da rendere improbabile che siano tutte dovute al caso, potremmo anche aggiungere che il nome di Cos, la città dei Meropi, è a sua volta quasi identico al termine latino “coxa”, “coscia”.
D’altra parte, “gli Egizi (…) chiamavano il Grande Carro ‘Khepesh’, “la Coscia” o “la zampa del bue” [78]. In effetti, la forma della costellazione dell’Orsa, costituita da un quadrilatero rastremato seguito da altre tre stelle, fa pensare a una coscia che continua con una gamba leggermente piegata. Ciò potrebbe suggerire che – in base al vecchio detto che “ciò che è in basso è uguale a ciò che è in alto”, che a sua volta potrebbe richiamare radici più antiche [79] – gli Atlanticonsiderassero la loro isola a forma di coscia, molto vicina al Polo Nord, come la proiezione sulla Terra del Grande Carro, che in realtà si trova vicino al Polo Nord Celeste. Pertanto, la Coscia Terrestre, cioè la Groenlandia, era forse considerata la corrispondente della Coscia Celeste.
Insomma, come la Francia è chiamata “l’Esagono” per la sua forma e l’Italia è “lo Stivale”, allo stesso modo l’isola di Atlantide era forse “la Coscia”. Possiamo così iniziare a leggere sotto una nuova luce il simbolismo nascosto dietro il bizzarro episodio, narrato da Giamblico, di Pitagora che mostra una “coscia d’oro” ad Abari l’Iperboreo, così come l’immagine di Cristo nell’Apocalisse di Giovanni, in cui spesso riecheggiano concetti molto antichi: “Sulla sua veste e sulla sua coscia ha scritto un nome, Re dei re e Signore dei signori” [80]. Si può dunque supporre che nel mondo antico la “Coscia”, almeno in certi ambienti tradizionali, continuasse ad essere un simbolo del potere regale, considerando altresì che il valore sacro connesso alla “coscia” compare anche nella Bibbia, dove chi pronunciava un giuramento solenne doveva tenere una mano sotto la coscia di colui che glielo chiedeva: “Abramo disse al più anziano dei servi di casa sua, che aveva il governo di tutti i suoi beni: ‘Metti la tua mano sotto la mia coscia e io ti farò giurare per il Signore, il Dio dei cieli e il Dio della terra, che tu (…)’.E il servo pose la mano sotto la coscia di Abramo suo signore, e gli giurò di fare queste cose” [81].
La dimensione marinara di Atlantide e la sua posizione strategica
In questa breve rassegna sull’importanza del simbolo della coscia, legata sia ad Atlantide che alla regalità, dà motivi di riflessione anche una bizzarra frase che Sassone Grammatico, storico medievale danese (c. 1150-1220), fa pronunciare ad Amleto, un personaggio della mitologia nordica che ha ispirato l’Amleto di Shakespeare: “Quando poi, mentre percorrevano la spiaggia, trovato il timone di una nave naufragata, i suoi accompagnatori dissero di aver scovato un coltello di eccezionale grandezza, ‘con questo, disse lui, sarebbe bene affettare un enorme prosciutto’, certamente alludendo al mare, alla cui immensità si adattavano le dimensioni del timone” [82].
Qui Sassone, o meglio il suo Amleto, con studiata nonchalance ci propone una complessa allegoria di immagini, tra cui spicca l’apparente bizzarria di quell’“enorme prosciutto”, che nel loro insieme sembrano evocare un’idea di passata grandezza in un contesto marinaro, su cui però incombe l’inquietante percezione di un antico naufragio: sono tutti aspetti di un discorso che si attaglia perfettamente alla dimensione grandiosa e nel contempo tragica dell’isola scomparsa.
Entrando più nel dettaglio, possiamo tentare di isolare quattro metafore distinte: il timone della nave naufragata, il gigantesco coltello, l’enorme prosciutto, l’immensità del mare. È un linguaggio cifrato espresso con immagini simboliche, dietro cui s’intravvedono come in filigrana i principali aspetti del mito di Atlantide nel racconto del Crizia: il dominio sui mari, la potenza militare, l’immensa vastità dell’isola, il tragico destino finale. In particolare, quell’“enorme prosciutto” (che tanto ricorda la mappa del Kircher) rappresenta plasticamente l’immagine di Atlantide, proiezione sulla terra dell’Orsa Maggiore, che dal cielo vi si riflette e ne condivide la forma e la posizione.
Le parole di Amleto ci riportano alla vocazione marittima degli Atlanti, signori della navigazione, favorita, come abbiamo già detto, dall’Optimum Climatico Olocenico, che durante l’età megalitica consentiva alle navi di transitare tra l’Atlantico e il Pacifico direttamente attraverso il Mare Artico, il quale a quell’epoca era libero dai ghiacci e navigabile durante l’estate. In effetti, la posizione strategica dell’isola nel contesto nordatlantico risolve immediatamente l’enigma della diffusione mondiale di miti, leggende e manufatti comuni a popoli anche lontanissimi tra loro.

La posizione strategica della Groenlandia tra gli oceani.
Infatti Atlantide, oltre a trovarsi, come dice Platone, di fronte alle coste europee e adiacente al continente americano, si affacciava anche sul Mare Artico, dal quale a quel tempo con una facile navigazione costiera le navi potevano facilmente raggiungere lo Stretto di Bering, da dove sboccavano nell’Oceano Pacifico. Lì costeggiavano per un tratto la costa dell’Alaska fino a trovare l’aliseo di nord-est, che spingeva le loro navi verso la Polinesia, dove le prime isole che incontravano erano le Hawaii (infatti è qui, nell’Isola Hawaii, che in un precedente articolo abbiamo localizzato i mitici Campi Elisi, chiamati Campi di Giunchi dagli antichi Egizi) [83].
A questo proposito, va notato che in diverse isole della Polinesia si trovano imponenti resti megalitici, spesso sorprendenti non solo per le loro dimensioni ma anche per le analogie con monumenti simili sparsi un po’ ovunque nel mondo. Si pensi ad esempio alle enormi costruzioni, realizzate con grandi blocchi di basalto, di Nan Madol nelle Isole Caroline, chiamata “la Venezia del Pacifico”, dove l’area archeologica si estende per 18 kmq su un centinaio di isole artificiali collegate tra loro da una fitta rete di canali. Ma, oltre ai celebri moai dell’Isola di Pasqua, tra i monumenti più suggestivi vi è l’imponente trilite di Tonga, che è stato addirittura paragonato a Stonehenge.
Assai significativo è poi il racconto di uno dei primi incontri tra europei e polinesiani, avvenuto nel 1595 in una delle Isole Marchesi, quando “apparvero circa quattrocento indiani, dalla pelle quasi bianca e di buona statura, alti, robusti e forti (…) Molti di loro sono biondi” [84]. Abbiamo conferma delle caratteristiche caucasiche di alcuni dei nativi polinesiani negli appunti del francese Louis-Antoine de Bougainville, sbarcato a Tahiti nel 1768: “Uomini alti sei piedi e anche di più. Non ho mai incontrato uomini così ben fatti e proporzionati (…) Nulla distingue i loro lineamenti da quelli degli europei” [85]. Ciò appare in linea col fatto che “fra i Marchesani fu constatato il 7,2% fra gli uomini ed il 9,5% fra le donne di occhi azzurri: ciò dimostra l’intervento, sebbene non documentato anamnesticamente, di sangue europeo” [86].
Ai resti megalitici e ai tratti delle persone si aggiungono miti, storie, costumi e strutture sociali: in Polinesia troviamo i miti del Diluvio e della Torre di Babele [87], ma colpisce anche il nome degli Ari’i (Ali’i in alcuni dialetti), i nobili, considerati discendenti degli dei polinesiani. Ma anche il kavu, il “sacerdote” – chiamato kahuna nelle isole Hawaii – è quasi omonimo del koes (kaves in lingua lidio), il sacerdote greco dei riti cabirici (nome accostabile anche all’ebraico cohen e al norreno godhi). E che dire del fatto che due delle più importanti divinità polinesiane, Horo e Raa, il dio del sole, hanno nomi identici agli dei egizi Horus e Ra (anch’egli il dio del sole)?Un caso particolare è poi quello della straordinaria somiglianza, notata da Guillaume de Hevesy [88], tra i caratteri di scrittura ‘rongorongo’ dell’Isola di Pasqua e quelli dell’antica civiltà della Valle dell’Indo, che si trovano esattamente agli antipodi.
Più in generale, da tutto ciò si può dedurre che le coste atlantiche dell’Europa erano direttamente collegate a quelle della Polinesia, dell’Australia, dell’Estremo Oriente e del versante occidentale delle Americhe, attraverso una rotta polare che faceva perno sulla Groenlandia (seguendo questa rotta lo stretto di Bering, cioè la porta del Pacifico, dista dalla Scozia più o meno quanto i Caraibi dalla Spagna, con buona parte del percorso che rimane lungo la costa). Questo era anche il sogno di Colombo, che tra qualche anno sarà di nuovo possibile, a seguito dell’attuale processo di riscaldamento globale. Insomma, la posizione dell’isola Atlantide all’estremità settentrionale dell’Oceano Atlantico dà immediatamente conto delle corrispondenze tra le civiltà del Vecchio e del Nuovo Mondo, e in particolare della diffusione mondiale sia di strutture megalitiche che di racconti mitologici comuni a popoli anche lontanissimi tra loro.
Per quanto riguarda la Groenlandia odierna, ecco una lucida analisi di William Tan: “Situata nel Circolo Polare Artico, la Groenlandia (…) è strategicamente posizionata sulle rotte più brevi che collegano Asia, Europa e Nord America (…) Gli effetti del riscaldamento globale hanno sciolto i ghiacciai artici, aumentando così la superficie abitabile dell’isola e sbloccando nuove risorse naturali come petrolio e minerali (…) Potenze globali come Stati Uniti, Cina e Russia si stanno muovendo per estendere la loro influenza militare ed economica nella regione man mano che diventa più abitabile (…) Il controllo della Groenlandia offre vantaggi militari, economici e politici a queste tre superpotenze che cercano di monitorare i loro avversari globali. Tra avamposti militari, sviluppi tecnologici e infrastrutture minerarie, la possibilità di assicurare il punto d’appoggio geografico ottimale ha trasformato la Groenlandia da una sterile terra di ghiaccio in un hotspot geopolitico (…) Il cambiamento climatico ha aperto l’accesso a riserve inutilizzate di petrolio e gas naturale e a nuove rotte di navigazione tra Asia, Europa e Stati Uniti. Poiché l’Artico contiene il 13% del petrolio non scoperto al mondo e il 30% del gas naturale non scoperto, il controllo della Groenlandia facilita l’accesso a queste risorse naturali” [89].
In questa situazione, diventa di fondamentale importanza conoscere la velocità di scioglimento della calotta glaciale dell’isola. Secondo uno studio recentemente pubblicato su Nature Geoscience, tra il 2016 e il 2021 “Aumenti grandi e significativi del volume delle fenditure si sono verificati nei settori terminali marini con flusso in accelerazione (…) L’accelerazione del flusso di ghiaccio in Groenlandia comporta aumenti significativi delle fenditure in una scala temporale inferiore a cinque anni. Questa risposta indica un meccanismo per controreazioni che promuovono la perdita di massa su scale temporali sub-decennali, tra cui un aumento del distacco, un flusso più rapido e un trasferimento accelerato di acqua al letto” [90]. Insomma, le fenditure nel ghiaccio allargandosialimentanoimeccanismichefannomuoverepiùvelocementeighiacciaidellacalottaglaciale, ma ciò a sua volta tende ad accelerare il flusso del ghiaccio,portando alla formazione di fenditure sempre più profonde:un feedback chesta velocizzando la perdita di ghiaccio della Groenlandia.
In ogni caso, se nel prossimo futuro lo scioglimento della parte meridionale della calotta glaciale della Groenlandia confermerà l’esistenza del canale quasi rettilineo che, secondo la mappa di Bowen, migliaia di anni fa collegava la baia di Disko alla costa orientale dell’isola, all’altezza dell’Islanda, apparirà ancora più chiaro lo straordinario valore strategico e commerciale di questo antico hub marittimo, situato al centro di una rete globale di trasporto oceanico che dalle coste atlantiche di America, Europa e Africa, passando per quelle canadesi e siberiane, si estendeva – e presto si estenderà di nuovo – verso tutto l’Oceano Pacifico, fino all’Asia e all’Oceania.
Conclusione
In questo articolo abbiamo verificato che vi sono molte valide ragioni per considerare plausibile l’accostamento tra l’Atlantide di Platone e la Groenlandia, quali la loro posizione, le loro enormi dimensioni (Atlantide era “più grande della Libia e dell’Asia insieme”, coerente col fatto che lo sviluppo della costa groenlandese è quasi equivalente alla circonferenza della Terra), la loro particolarissima morfologia, le loro grandi risorse minerarie (tra cui il platino, metallo molto raro nella crosta terrestre) a cui si deve aggiungere la sorprendente precisione delle indicazioni geografiche di Platone e Plutarco riguardo alle isole lungo la rotta atlantica settentrionale verso il continente americano (della cui reale esistenza Platone si dichiara assolutamente certo). Ma pensiamo anche ad altri dettagli geografici molto precisi, come la corrispondenza tra il punto in cui la depressione centrale di Atlantide si avvicina al maree la baia di Disko situata al centro del versante occidentale della Groenlandia, o ancora al fatto che in questa chiave si chiarisce immediatamente il significato del nome dell’Isola Bianca “sulle rive settentrionali dell’Oceano di Latte”, abitata da uomini dalla pelle bianchissima, menzionata nel Mahabharata.
In ogni caso, la grande distanza che separa le culture coinvolte nel presente studio attesta l’antichità di queste concezioni, avvalorando l’idea che vi sia stata una civiltà preistorica globale diffusa su tutto il pianeta, di cui Platone ci ha lasciato l’ultimo ricordo tramandandoci il mito di Atlantide, di cui quanto è emerso ora rappresenta un’ulteriore conferma. Ciò implica che nella preistoria sia fiorita una civiltà con adeguate conoscenze nell’arte della navigazione, come confermato da recenti studi sul megalitismo. Tuttavia, questi temi necessitano di ulteriori studi e approfondimenti, che in futuro potrebbero gettare nuova luce sulla preistoria dell’umanità.
Più in generale, si potrebbe dire che da questa identificazione della mitica Atlantide con l’attuale Groenlandia, recentemente riportata alla ribalta della geopolitica in seguito alle attuali prospettive del riscaldamento globale, emerge anche l’universalità delle strategie e delle logiche di comportamento degli uomini di ogni tempo, a partire da una remota preistoria fino al mondo contemporaneo, che in epoche diverse si sono trovati a dover affrontare ciclicamente problemi e situazioni sostanzialmente simili. È questo il concetto espresso nella locuzione latina, tratta da un passo biblico, ‘Nihil sub sole novi’ (“Non vi è nulla di nuovo sotto il sole”).
Riteniamo che il modo migliore per chiudere queste riflessioni sia ricordare nuovamente la frase di Enrico Turolla che abbiamo citato nell’introduzione, con riferimento al racconto dell’isola Atlantide: Platone “è portatore di una voce che viene da più lontano. Egliharicevuto,hasistemato;nonhainventato;anzihaconservatofedelmente,comel’accennoalcontinentealdilàdelmaresenzapossibilitàdidubbiodimostra”.
Il testo originale, in lingua inglese, di questo articolo si trova qui: https://lupinepublishers.com/anthropological-and-archaeological-sciences/pdf/JAAS.MS.ID.000339.pdf
Riferimenti
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3.Turolla E (1964) I Dialoghi di Platone, Vol. 3, Milano, p. 142.
4. Tim. 25a.
5.Ecco i tre avverbi greci consecutivi usati da Platone: ‘pantelôs’ (“certamente”), ‘alethôs’ (“veramente”), ‘orthótata’ (“correttissimamente”, al superlativo). Ciò attesta quanto Platone fosse certo dell’esistenza del continente al di là dell’oceano.
6.Tim. 24e-25a.
7. Vinci F (2024) A Hypothesis on the Pillars of Heracles and their True Location, in JAAS Vol. 9 – Iss. 3, 202, DOI: 10.32474/JAAS.2024.09.000314 (Versione italiana in: www.agenziacomunica.net/2024/05/20/unipotesi-sulle-colonne-dercole-e-la-loro-reale-localizzazione/).
8.Plut. De Fac. 941a-b.
9.Plut. De Fac. 941c.
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12.Cfr. Castellani V (2005) “Quando il mare sommerse l’Europa”, Torino.
13.Cfr. Gwin P (2024) This incredibly rare burial ground reveals new secrets about the Sahara’s lush, greenpast. in National Geographic Magazine, 9/2024, p. 84.
14.Cfr. Pinna M (1977) “Climatologia”, Torino.
15.Plut. De Fac. 941a.
16.Plut. De Fac. 941d.
17. Vinci F (2021) I segreti di Omero nel Baltico, Gorizia, p. 31.
18.Plut. De Fac. 941c. La Meotide corrisponde all’attuale Mar d’Azov (la cui estensione, come Plutarco afferma, è effettivamente minore di quella del Golfo del San Lorenzo).
19.Tsikritsis M (2016) Travelling from Canada to Carthage in 86 AD, Conference Paper.
20.L’eccellente conoscenza della geografia al tempo di Plutarco (I secolo d.C.) è attestata anche dalla sua affermazione che la distanza dalla Luna alla Terra è “cinquantasei volte maggiore del raggio della Terra” (De Facie 925d). Infatti, moltiplicando il raggio medio della Terra (6.371 km) per 56, otteniamo una distanza Terra-Luna di 356.776 km, mentre la loro distanza effettiva al perigeo è di 356.500 km.
21.Plut. De Fac. 941a.
22.Diod. Bibl. St. 5.21.3.
23. De Anna L (1993) “Le isole perdute e le isole ritrovate”, Turku, p. 110.
24.La seconda isola più grande del mondo è la Nuova Guinea, che si estende su 785.000 kmq, molto meno della metà della Groenlandia.
25.Cfr. https://www.britannica.com/place/Greenland
26.Criz. 118a.
27.Criz. 113c.
28.Criz. 118a.
29.Criz. 118d.
30.Criz. 113e; 117a.
31.Cfr. https://visitgreenland.com/about-greenland/hot-springs-greenland/ e https://www.usgs.gov/media/images/hot-springs-coexist-icebergs-greenland.
32.Criz. 113c.
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38.Cfr. Pinna M (1977) Climatologia, Torino.
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41. “Thylenunc Island appellatur, a glaciequaeoceanumastringit”; Gesta IV, 35.
42.Criz. 118b.
43.Le piramidi di Giza sorgono in un luogo la cui latitudine, 30°, appare piuttosto significativa, anche alla luce del fatto che è pressoché la stessa del luogo in cui fu edificato il Palazzo del Potala a Lhasa, la città santa del Tibet, la cui religione presenta singolari affinità con quella egizia (basti pensare alle 42 divinità del Libro tibetano dei morti, che corrispondono alle 42 antiche divinità egizie incaricate di giudicare le anime dei defunti nell’aldilà). È curioso anche che Giza e Lhasa, oltre a trovarsi sullo stesso parallelo a 30° di latitudine, differiscano esattamente di 60° in longitudine.
44.Criz. 115d-116a.
45.Plut. De Fac. 942c.
46.Criz. 114e.
47.Cfr. “Great potential for criticalrawmaterials in Greenland”, pubblicato il 23-06-2023, in https://www.reuters.com/markets/commodities/greenlands-rich-largely-untapped-mineral-resources-2025-01-13/
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49.Criz. 114e. Platone afferma anche che esso “splendeva come il fuoco” (Criz. 116c).
50. PGE deposits in Greenland, in Exploration and Mining in Greenland, Factsheet no. 24, 2010. Cfr. https://data.geus.dk/pure-pdf/2010_Fact_Sheet_24_PGE_deposits.pdf
51. Figura proveniente da: PGE deposits in Greenland, in Exploration and Mining in Greenland, Factsheet no. 24, 2010.
52. Platinum versus Gold, in “The Speculative Investor” (Cfr. www.speculative-investor.com/new/article150402.html).
53.Criz. 117e.
54.Tim. 25c-d.
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62.Om. Od. 7.80.
63.Cfr. Vinci F (2017) The NordicOrigins of the Iliad and Odyssey: an up-todatesurvey of the theory. Athens Journal of MediterraneanStudies 3(2): 163-186, doi 10.30958/ajms.3-2-4, https://doi.org/10.30958/ajms.3-2-4. Questa ipotesi spiega tutte le assurdità, geografiche e di altro tipo, connesse alla localizzazione greca dei poemi omerici e consente inoltre di collocare il mondo omerico nel suo reale contesto storico, cioè nella prima età del bronzo nordica.
64.Cfr. Vinci F (2021)I segreti di Omero nel Baltico, Gorizia, p. 220. Il fatto che l’antica Atene nordica si estendesse anche alle isole al largo della costa la collega alla Tebe omerica (l’attuale Täby, vicino a Stoccolma) e a Micene (l’attuale Copenaghen), i cui nomi nelle loro corrispondenti mediterranee sono rimasti anch’essi al plurale, nonostante non sorgessero più sulla riva del mare. Per inciso, una città fondata dai Greci in Sicilia a cavallo tra la costa e un’isola adiacente, Siracusa, aveva il suo nome al plurale sia in greco che in latino: Syracusae. Naturalmente, l’Atene greca non assomigliava alla Atene nordica più di quanto New York e New Orleans assomiglino alla York inglese o alla Orléans francese.
65.Tilak B (1994) La dimora artica nei Veda, Genova, pag. 263.
66. https://en.wikipedia.org/wiki/Jamshid
67.https://en.wikipedia.org/wiki/Yama
68. Chiesa Isnardi G (1996) I miti nordici, Milano, p. 186.
69.Markale J (1982) I Celti, Milano, p. 76.
70. Isaia 24:1.
71.Shanti Parva 337.
72.Infatti i poemi omerici, che secondo la nostra ipotesi sopra menzionata erano originariamente ambientati nell’Europa settentrionale prima della discesa degli Achei nel Mediterraneo, definiscono spesso il mare con l’aggettivo ‘poliós’, “biancastro, grigio”.
73.Cfr. https://www.britannica.com/topic/Narayana-Hindu-deity
74.Criz. 116 d-e.
75.Vemsani L (2021) “Urvashi: CelestialWomen and EarthlyHeroes”. FeminineJourneys of the Mahabharata. pp. 229–241.
76.Plin. St. Nat. 6.79. Notiamo che da un lato Dioniso, il “dio del Nisa”, come indica il suo nome, è strettamente legato alla navigazione (come appare dall’Inno omerico a lui dedicato), dall’altro nell’Epopea di Gilgamesh “Nisir” è il nome del monte della salvezza dopo il diluvio. Coerente con questo è il fatto che il nome di Libero, anch’egli un dio del vino, corrisponde a quello del monte Lubar, dove, secondo il Libro dei Giubilei, Noè piantò la sua vigna dopo il diluvio.
77.Inno Omerico ad Apollo, v. 42.
78. Davis G Jr (1946), The Origin of Ursa Major, in PopularAstronomy, Vol. 54 (Fornito da SAO/NASA Astrophysics Data System), p.111.
79.Ad esempio, i Sette Colli di Roma erano considerati la proiezione delle sette Pleiadi sulla Terra (il discorso può essere esteso anche a molte altre città antiche sui sette colli, come Gerusalemme, Teheran, Armagh, La Mecca, Bisanzio e molte altre). Cfr. Nissan E; Maiuri A; Vinci F (2019) Reflected in Heaven, Part Two. MHNH 19: 87-166. V. anche https://www.editorpress.it/en/ovid-the-pleiades-the-secret-name-of-rome-and-other-cities-with-seven-hills
80.Giov. Apocal. 19:16.
81.Genes. 24:2-9.
82.Koch L, Cipolla M A (eds.) (1993), Sassone Grammatico. Gesta dei re e degli eroi danesi, Torino.
83.Cfr. Vinci F, Maiuri A (2023) Some StrikingIndicazionsthat the MythicalElysianFieldsWere in Polynesia, in AJMS 9(2): 85-96 (Versione italiana in: www.agenziacomunica.net/2023/05/02/felice-vinci-i-campi-elisi-in-polinesia/).
84.Surdich F (2015) “Verso i Mari del Sud”,Roma, p. 50.
85. Ibid., p. 171.
86.Enciclopedia Italiana Treccani, voce “Polinesiani, Antropologia”.
87.Caillot E (1914) Mythes, légendes et traditionsdesPolynésiens. Paris, p. 10.
88. De Hevesy G (1933) Sur une écriture océainienne paraissant d’origine néolitique (On an Oceanicwritingappearing to be of Neolithicorigin), in Bulletin de la SociétéPréhistoriqueFrançaise, 1933, 30-7-8, pp. 434-449.
89. Tan W (2024) The ColdestGeopoliticalHotspot: Global Powers Vie for ArcticDominance over Greenland, in HIR Harvard International Review. https://hir.harvard.edu/the-coldest-geopolitical-hotspot-global-powers-vie-for-arctic-dominance-over-greenland/
90.Chudley TR, Howat IM, King MD et al. (2025) Increasedcrevassingacrossaccelerating Greenland IceSheetmargins, Nat. Geosci.
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