Giuseppe Ungaretti
“…Fu Marcel/ ma non era Francese…”
Con questo epitaffio, che riassume il destino drammatico di un uomo, di un amico fraterno, Ungaretti comunica e tramanda gli sforzi di una persona che disperatamente cercava una integrazione, cambiando anche il proprio nome: “…Amò la Francia/ e mutò nome”. Non si chiamava Marcel, ma Moammed, riferisce il grande scrittore ermetico, già effettuando una ulteriore manipolazione del nome del suo giovane compagno, che si chiamava Muhammad, ma c’era una ragione: forse voleva nasconderne la precisa identità, vista la sua tragica fine. Marcel, Moammed, Muhammad morì suicida a Parigi, il 9 settembre 1913 e Ungaretti gli dedicò uno struggente ricordo, tre anni dopo, il 30 settembre 1916, dal fronte, a Locvizza, volontario nella prima guerra mondiale, intitolandogli la lirica In memoria.
Cosa legava i due poeti? La comune nascita ad Alessandria d’Egitto, con un anno di differenza, Ungaretti più giovane, entrambi con origini non africane: Moammed discendente da una nobile famiglia libanese, lo scrittore ermetico figlio di genitori lucchesi, trasferitisi così lontano dalla patria, per la forte attrazione economica che esercitava il Canale di Suez e il principale porto dell’Egitto, appunto Alessandria. Moammed e Giuseppe avevano inoltre studiato nello stesso liceo svizzero di lingua francese, condividevano l’amore per la poesia e anche i sogni di un futuro di giustizia, colorato di giovanile anarchia, frequentando la Baracca rossa di Enrico Pea, punto di ritrovo di molti gruppi sovversivi dell’epoca, ma non finirono qui le occasioni della vita, volte ad avvicinarli. Nel 1912 Ungaretti raggiunse l’amico fraterno a Parigi, centro pulsante delle avanguardie culturali, e qui condivisero l’alloggio, nel modesto albergo del quartiere latino, di rue desCarmes, al numero cinque. Sino a qui due esperienze parallele, ma ciò che all’apparenza li legava maggiormente, la poesia, era da entrambi sentita e vissuta in modo differente: come analisi lirica e proiezione delle inquietudini umane, per Ungaretti, come strettamente legata alla ragione per Moammed: poi accadde qualcosa… Le letture di Nietzsche, di Baudelaire, l’uso incontrollato dell’assenzio, la solitudine, il sentirsi uno sradicato, non assimilato alla nuova patria francese, estraneo anche alle proprie origini, che aveva in qualche modo messo da parte, lo distrussero, scelte e destino comuni a tanti immigrati che anche oggi, italianizzano il nome e cercano di integrarsi in una società lontanissima dalle proprie abitudini.
Marcel, Moammed, Muhammad, sul comodino accanto al letto, dove fu trovato morto, accanto ad una sigaretta consumata, aveva lasciato un emblematico biglietto: “C’ è un solo peccato al mondo: la stupidità” e aveva bruciato ogni traccia della sua produzione letteraria. La stupidità cancellò una vita, una esistenza, un poeta, restituitoci, ma solo col nome “modificato”, dal suo amico fraterno, altrimenti anche quello sarebbe stato cancellato: prodigio della poesia!
Così conclude Ungaretti la lirica “In memoria”: “…E forse io solo/ so ancora/ che visse”, analogo destino di tanti, che ancora oggi naufragano in mare, muoiono nelle guerre o in carceri dimenticati: una goccia nell’oceano dell’esistenza…nessuno saprà più chi furono e perché vissero!
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