“Non hai coscienza!” …” Sei un incosciente!” …: frasi spesso pronunciate, per una valutazione morale dell’agire, in positivo o in negativo. Esiste un’idea oggettiva, universale di coscienza?
In Svevo, nel romanzo “La coscienza di Zeno”, il protagonista, tra rigurgiti edipici, giustificazioni, percorre strade intricate, contorte, segno di un fallimento, che lo fa allontanare anche dalla psicanalisi, forse l’ultimo barlume per capirsi e capire quanto lo circonda.
L’uomo contemporaneo, meno introspettivo, spesso più superficiale, complici i media, o ignora certi percorsi interiori, per non perdersi, per non sentirsi in colpa, oppure, all’opposto, sprofonda nella depressione, perde il filo della propria esistenza, si addentra in un labirinto, dal quale sarà difficile uscire…
Non tutti, certo: esistono esempi bellissimi di anime che, nella fede, trovano quel percorso di luce forte e autentica, capace di illuminare la propria e la strada dei fratelli…ma per tutti gli altri? Come e dove trovare il bandolo della matassa, se la spiritualità è fragile, vaga debole? Ritorniamo al punto di partenza!
L’indagine sulla coscienza, sulla propria coscienza, esige forza, discernimento, oppure una saggia amministrazione delle personali energie. Nel “Canto notturno” Leopardi, (ancora lui!), afferma che il compito più grande dei genitori è di consolare i figli di essere nati! Tale pessimismo può essere corretto, ridando un ruolo attivo, forte, ai genitori. La famiglia deve sostenere la prole, l’opposto di quanto accaduto al povero Zeno, costretto a scontrarsi con un padre, col quale il rapporto è conflittuale.
I genitori “devono” rappresentare quella luce, quella guida, che comprende, sostiene e fa superare, alla fragile coscienza dei giovani, le tante capriole che la società si diverte ad imporre…
La famiglia: nucleo fondamentale della società!
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