L’Italia che è stata, l’Italia che è.

Il cinema italiano contemporaneo racconta il nostro Paese

Mentre aspettiamo con ansia domenica 10 marzo, il giorno in cui a Los Angeles si assegneranno gli Oscar e sapremo se Matteo Garrone con il suo Io capitano riuscirà a portare a casa la statuetta come miglior film straniero, C’è ancora domani di Paola Cortellesi riempie un cinema storico sugli Champs-Elysée a Parigi, strappando applausi convinti dagli invitati alla proiezione e anche dal pubblico pagante. Ma soprattutto conquista il mercato francese perché da metà marzo uscirà in tutte le sale d’Oltralpe. Il cinema italiano, dunque, varca i nostri confini con due opere di successo, che parlano ad un pubblico trasversale e globale. Un esempio virtuoso di cui il nostro mercato audiovisivo aveva certamente bisogno.

Tante le differenze fra i due film. Io capitano è l’opera di un regista conosciuto, premiato dai Festival di cinema internazionali, famoso per le sue storie d’autore. C’è ancora domani è l’esordio dietro la macchina da presa della nostra attrice più talentuosa e versatile, vera “diva” di uno star system che latita in Italia (e per divo intendiamo qualcuno capace di portare la gente fuori dalle proprie case e far pagare un biglietto per uno spettacolo audiovisivo). Il primo ha per protagonisti due giovanissimi e sconosciuti interpreti senegalesi, il secondo, oltre alla Cortellesi, vanta un cast di attori e attrici noti e amati (da Valerio Mastrandrea a Emanuela Fanelli a Vinicio Marchioni).


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Al di là di queste differenze, le due pellicole, però, condividono alcuni tratti. Primo fra tutti, la scelta di un racconto al tempo stesso popolare ma non banale, cioè capace di affrontare temi complessi (l’immigrazione, l’emancipazione femminile, il patriarcato) con un linguaggio che arrivi a tutti. Garrone, infatti, insolitamente per il suo cinema, decide di raccontare, come lui stesso ha sottolineato, una favola (nera e cupa come sono le vere favole) su due ragazzi che vogliono solo coronare il loro sogno e avere una vita migliore. Li segue nelle loro avventure, mettendosi al servizio del loro sguardo. Paola Cortellesi, invece, racconta il passato, lo fotografa in bianco e nero, mostra una Roma che sembra lontanissima, un mondo che ci sembra preistoria (in realtà attualissimo), ma lo fa con uno stile moderno, un codice audiovisivo che mescola musical, momenti di commedia all’italiana, neorealismo e i migliori prodotti tv contemporanei, dalle serie all’intrattenimento generalista (penso all’uso di Marchioni e Fanelli).

E anche la Cortellesi riserva uno spazio particolare allo sguardo della figlia, mostrandoci spesso il suo, di punto di vista. Entrambi i nostri registi, dunque, cercano di raccontare storie con cui il pubblico giovanile possa identificarsi, per portare alla loro attenzione temi importanti e di cui bisogna avere consapevolezza. Così, entrambi sono riusciti a ottenere un successo anche presso fasce di età che non vanno a vedere quei tipi di film. C’è ancora domani ha battuto ogni record di incassi al botteghino italiano, battendo le “corazzate” Barbie e Oppenheimer, e anche Io capitano ha avuto un’ottima accoglienza (anche se non paragonabile al film della Cortellesi).

Il secondo grande tratto che, a nostro avviso, i due film condividono è quello di fare del cinema un mezzo di presa di coscienza collettiva sulla storia, passata e presente, del nostro Paese. C’è ancora domani ci racconta il nostro passato e ci ricorda che non dobbiamo dimenticare quello che è stato, gli sforzi che sono stati compiuti per ottenere diritti che oggi ci sembrano naturali, ma che invece sono stati una conquista. Il cammino di emancipazione che le donne hanno dovuto compiere, le lotte che hanno combattuto, un lascito che non dobbiamo scordare. Io capitano racconta l’Italia di oggi, anche se la vediamo solo all’ultimo, da lontano, la “terra promessa” dei protagonisti. Un’Italia che deve interrogarsi sulla sua umanità, sulla sua capacità di riconoscere sé stesso nell’Altro,  terra di migranti che hanno vissuto sulla loro pelle l’esclusione, l’emarginazione, il razzismo. Entrambe le opere, dunque, con una modalità accessibile a tutti ci fanno interrogare sull’identità del nostro paese, la nostra identità di popolo, mettendoci di fronte alle responsabilità che ognuno di noi ha come cittadino e come persona. Per cercare di capire qualcosa di essenziale: che Italia vogliamo essere nel futuro?

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