Sul confine

Venerdì 6 dicembre 2024, presso il Complesso San Michele di Salerno, si è tenuto l’evento “Oreficeria Letteraria”, un’occasione per esplorare il connubio tra poesia e arte. La manifestazione ha visto protagonista Luciana Gravina, poetessa e artista, con la presentazione del suo settimo volume di poesia, sul confine, pubblicato dalla Robin Editrice di Torino, nella prestigiosa collana Le Giraffe. Questa raccolta poetica affronta con sensibilità il tema del confine, inteso come spazio di riflessione e di transizione tra mondi, emozioni e dimensioni esistenziali. Oltre alla poesia, l’evento ha offerto un’esposizione delle creazioni artistiche di Luciana Gravina, che si distingue per la sua abilità nella lavorazione di metalli come bronzo e ottone. Attraverso gioielli e sculture in lamina metallica, spesso caratterizzate da suggestive cromie astratte, l’autrice racconta un universo estetico unico, in grado di fondere materia e spirito. L’incontro è stato arricchito dagli interventi di illustri relatori: Domenico Credendino, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana; Francesco Paolo Innamorato, direttore della stessa Fondazione; Clotilde Baccari Cioffi, Presidente del Parco Storico Sichelgaita. Il prof. Francesco D’Episcopo, dell’Università di Napoli Federico II, prefatore del volume, ha tenuto una relazione approfondita sull’opera, seguita dall’intervento diretto dell’autrice. L’incontro è stato moderato dal giornalista Aniello Palumbo ed ha ricevuto il patrocinio del Parco del Cilento, della Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana, del Gruppo Mingardo Lambro, dell’Associazione Progetto Centola Cultura, dell’Associazione Chez Arts Compagnia di Roma.                                                                                         All’evento ha partecipato un folto pubblico di amanti della poesia e dell’arte.

Proponiamo un testo

Rinascere

Forse questo scoppio della terra, questo trafugare le sartie di una nave alla deriva, forse gli uomini e donne vanno gelosi delle sconfitte, colti dal lampo della notte che non se l’aspettavano, e le sirene spiegate, spietate, dai telegiornali vomitano bollettini di guerra, vaccini inconcludenti, la conta  quotidiana dei decessi come una lama controvento.

Forse la terra ha cicli autonomi, bastardi, derisioni di lunga durata, transazioni al ribasso, decadenze.                                                                               Forse accumula sedimenti ossuti con scudisciate di silenzi, mastica chiodi e sangue, si prepara  alla deflagrazione, alla vendetta.

La terra appunto, questa passione involontaria, leggerezza e ossessione.

Le mosche traslocano secoli, scaricano punti neri sull’imprudenza dei sogni, chi salta i fuochi dei   fachiri ha le ore contate, minaccia di tornare il signore rossiccio d’America.

Forse c’è chi guarisce, alberi verdi di nuovo trafiggono la polvere, e il gelo degli anni sarà un peso leggero, qualcuno riderà dell’idiozia permanente.

Il dialogo tra noi filtra parole come spuma di vento, forse batteranno autostrade ingannate, fileranno flashback e tosse, scanseranno i poveri di spirito.                                                                                       

La visione del poi è una lastra incandescente, di nuovo frullano magie dai corpi, Parmenide ride e ammonisce, galleggia entro questo sguardo di cemento stanco.

Forse tuto rinasce, qui o altrove. Non importa dove.  

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