Credere è Amore

Credere è Amore

Una madre e una figlia che incarnano la fede pur non credendo di farlo. La vita di mamma Laura e Arianna è intrisa di amore, quell’amore che tutto può.

Laura conosce il papà di Arianna, un uomo di 20 anni più grande di lei e se ne innamora perdutamente. Lei lavorava a Grosseto e lui era invece a Roma, dove si vedevano tutti i fine settimana. Dopo otto anni decisero di creare una famiglia. Entrambi desideravano moltissimo un figlio, ma nonostante tanti tentativi e tanti medici, non riusciva ad arrivare. Avrebbero quindi voluto adottare, ma erano troppo grandi e la legge italiana non lo consentiva e per un affidamento lui non si sentiva capace.

Ma la speranza non ha mai abbandonato Laura, che si è sottoposta a tante cure e finalmente rimase incinta. Arrivata alla 26esima settimana di gravidanza, Laura però ha capito che qualcosa nella sua pancia non andava ed è stata ricoverata al Policlinico Gemelli di Roma. Arianna nasce così molto prematura e i suoi polmoni non erano completamente formati. Alla nascita non ha pianto e ha avuto un problema di ossigenazione al cervello e due emorragie celebrali di terzo e quarto livello, per cui gravissime. Arianna è nata a 26 settimane di Domenica sera alle ore 21, del 26 novembre 1995. Quando è nata, Laura era sveglia, sotto l’effetto dell’epidurale e si è vista portare via subito la bambina perché venisse messa in incubatrice.

È Laura stessa a raccontate qui difficili momenti: “il giorno successivo al parto stavo male e non riuscivo ad alzarmi. Il martedì, due giorni dopo il parto dunque, sono andata a parlare con il primario di neonatologia che mi ha spiegato che Arianna aveva avuto questa grande sofferenza e che con un’emorragia del genere non si poteva fare nessuna previsione su quello che sarebbe stato di Arianna, ma che comunque avrebbe avuto un futuro difficile e problemi a livello motorio e cognitivo. Ho chiesto solamente come stesse la bambina e quando mi è stato risposto che sarei potuta andare a trovarla, ho detto che avrei dovuto aspettare un giorno. Sono tornata nella mia stanza perché avevo bisogno di capire. In realtà ho aspettato due giorni, perché ho iniziato a pensare e a dirmi: io avrò una figlia e questa figlia sarà disabile, come farò? Come devo comportarmi? Cosa devo dire alla bambina?Ho pensato moltissimo e poi mi sono detta: ora sono forte, sono pronta per andare a vedere mia figlia”!

“Quando sono arrivata da te Ari- dice mamma Laura guardando sua figlia Arianna-sono stata avvolta da un’emozione, una meraviglia e una immensa gioia e poi eri bellissima, ma mi saresti piaciuta anche fossi stata brutta! Mi sono subito detta:“ma io ho aspettato quattro giorni per vedere questa bambina, sono stata una mamma cattiva?” Ma mi sono risposta che non ero stata cattiva, ma avevo capito, in qualche modo, che mi dovevo fare forte, ma come ti ho vista ti ho detto: “Arianna sicuramente noi avremmo una vita bellissima” e da quel momento ti ho amato tantissimo, più della mia vita.  Mi sono detta: “io non so se c’è Dio, però, Dio, io ti prometto che affinché Ariannaviva, rinuncio per tutta la vita ad una cosa che mi piace”.

Laura,quindi, ha fatto un fioretto, che mantiene ancora oggi.

I giorni passavano ed Arianna aveva tante problematiche serie di salute. Il suo papà piangeva, mentre mamma Laura non ha mai pianto: “perché dovevo piangere- dice mamma Laura, sempre rivolta a sua figlia Arianna- tu eri lì e quando io ti toccavo, attraverso le aperture tonde sul lato dell’incubatrice, tu muovevi un poco le ciglia ed io ero felice”.

“Passarono sei giorni- prosegue a raccontare mamma Laura – e i medici mi dissero che Arianna aveva un gravissimo problema al cuore, al dotto di Botallo, per cui il sangue arterioso e venoso si mischiavano e chequindi dovevafare un intervento chirurgico.Arianna aveva dieci giorni e tutti in ospedale mi dicevano che non mi dovevo affezionare perché sarebbe morta in quanto pesava settecento grammi, aveva tutti i valori non buoni, i poloni non erano formati e le emorragie celebrali devastanti, ma dovevamo fare il possibile perché eravamo in un ospedale cattolico. Venne quindi da me il cardiochirurgo, fortunatamente un “pazzoide” come me, e mi disse: “Signora ho visto sua figlia, non ho mai visto un prematuro così bello e non posso pensare a quando questa bambina sarà adulta e metterà il monokini e avrà il seno rovinato, ha nulla in contrario se la opero dalle spalle”?

“Questo sul momento mi frastornò- afferma ancora mamma Laura – ma poco dopo il cardiochirurgo tornò da me e mi disse che aveva visitato mia figlia e che non si sentiva neanche di portarla in sala operatoria, perché temeva che le accadesse qualcosa. Arianna infatti era piena di fili dai quali dipendeva la sua sopravvivenza. Due ore dopo però lo stesso cardiochirurgo torna da me e mi dice di aver operato Arianna e che l’operazione era andata bene e che almeno questo problema poteva essere archiviato.

I giorni seguenti l’intervento chirurgico, i medici mi permisero di stare tutti i giorni con Arianna, perché ogni giorno c’era da chiedersi se sarebbe sopravvissuta.

Una sera non feci neanche in tempo a rientrare a casa dall’ospedale, che mi telefonarono affinché io tornassi perché Arianna stava morendo. Mio marito ed io andammo e ci fecero entrare entrambi questa volta. Nella stanza trovai un sacerdote e gli chiesi perché fosse lì. Mi rispose che mia figlia doveva essere battezzata e doveva ricevere l’estrema unzione perché potesse essere accolta nel Regno dei Cieli.Mio marito avvertì subito che quello non era l’argomento giusto da trattare con me in quel momento ed io, prendendo un braccio del prete gli dissi: “Premesso che non ho assolutamente nulla contro la Chiesa, io ho un passato molto difficile. Rispetto alla esortazione della Bibbia <<amatevi e prolificate>> infatti direi che ho veramente avuto delle problematiche non indifferenti. Avrei voluto un figlio sin da quando avevo 23 anni e avevo un lavoro ed invece ho avuto una difficoltà esagerata per avere Arianna. E, quando finalmente sono riuscita a rimanere incinta e dopo 26 settimane ho messo al mondo mia figlia, lei per tutta la vita sarà una persona con disabilità grave.Se lei muore, io potrei non poter più avere altri figli per quello che è successo. Per cui, se mia figlia deve essere accolta nel Regno dei Cieli solo con il battesimo, mi permetta di dirle che se ci va o non ci va, non mi importa nulla”. Lui mi disse che non avrei dovuto parlare in quel modo e anche mio marito ha provato a dirmi la stessa cosa. Ma io rivolgendomi ancora al prete gli dissi:“mi dite che il battesimo è una festa per la famiglia, per Dio e per tutta la comunità,  allora, io le dico che quando porterò mia figlia a casa, io la battezzo. Ma adesso che deve morire no. Se Dio è grande e potente e vede tutto, se la prende anche senza battesimo, non ha bisogno di questa mia scelta. Per cui lei può andare”.

Poi, rivolgendomi agli infermieri ho detto: “visto che Arianna deve morire, datemela in braccio, la voglio stringere a me”. I medici e gli infermieri non volevano perché avrebbero dovuto staccarla dai fili, ma io continuai a dirgli: “ma se comunque deve morire a cosa serve? Almeno morirà tra le mie braccia”!

I medici hanno provato ancora a dissuadermi dicendomi che se l’avessi presa in braccio, mi sarei troppo legata a lei, ma io ero già completamente legata a mia figlia e quindi si convinsero e me la diedero in braccio. Chiesi due minuti per stare sola con te” – dice Laura sempre rivolta alla figlia Arianna, che ho intervistato insieme a lei.

“Quando mamma ti ha avuta in braccio- prosegue Laura parlando ad Arianna- tu mi hai sentita ele macchine, quelle che erano rimaste attaccate, hanno cominciato a suonare e sono accorsi tutti e increduli e felici ti hanno messo nuovamente nell’incubatrice. Avevi ripreso a vivere, avevi sentito l’amore di mamma; tu hai capito che dovevi vivere perché mamma ti aveva promesso tante cose bellissime. La dottoressa Maria Pia, colma di gioia mi disse: “Signora, Arianna è nata questa sera”.

“Con il passare dei giorni però – prosegue mamma Laura – le emorragie si allargavano sempre un po’ di più e i medici non sapevano più cosa fare. Quando arrivò la Viglia di Natale mi dissero che avrei dovuto dare il mio consenso perché operassero Arianna al cervello. Alla mia richiesta di sapere quali risultati migliorativi avrebbe avuto, se avrebbe avuto restituita l’attività motoria o se fosse diventata intelligente, risposero che avrebbero potuto limitare i danni e, io chiesi allora, quali fossero i danni e mi fu spiegato che erano gravi, ed io non acconsentii all’operazione al cervello di mia figlia.

“Sono certa che quando sei nata Ari, tu udivi” – afferma mamma Laura. “Ma a gennaio è stata fatta una trasfusione di sangue e Arianna ha contratto il citomegalovirus ed è diventata sorda. Infatti il citomegalovirus può far diventare ciechi o sordi, oppure dare un grande problema ai remi. Io ho pregato affinché dei tre Arianna fosse diventata sorda, perché mi sembrava il male minore e Dio mi ha ascoltato.

A fine febbraio Arianna aveva raggiunto quasi un peso normale, aveva quattro mesi e dunque i suoi nove mesi di pancia e pesava 3 chili e trecento grammi. Abbiamo quindi cominciato a pensare ad una sua dimissione dall’ospedale, anche se c’erano ancora delle problematiche legate al fatto che lei si alimentava solo con il sondino, perché aveva problemi di suzione. Andai a parlare con il Primario e gli chiese se potesse tenere Arianna in ospedale qualche giorno in più perché avrei voluto portarla a casa il 21 marzo e che dato che la dovevo battezzare, mi piaceva farlo il primo giorno di primavera. Il Primario rimase contraddetto perché non aveva capito cosa intendessi e quindi gli ricordai che avevo fatto una promessa secondo cui il giorno in cui avrei portato mia figlia a casa l’avrei battezzata. Lui  mi disse che lo ricordava, ma che una volta portata a casa l’avrei battezzata e avrei potuto fare la festa.  E anche tutti i medici mi dicevano che non era il caso perché i bambini che venivano battezzati in ospedali erano coloro che stavano per morire, ma io avevo fatto questa promessa e quindi andai a prendere accordi con il prete. Il 21 marzo arrivai presto in ospedale, anche se il battesimo era fissato per le 11,30 e suonai al campanello del reparto per andare da mia figlia. Le infermiere mi chiesero di attendere fuori un pochino e io mi sedetti fuori. Dopo mezz’ora però suonai di nuovo e mi dissero che c’era un problema con un bambino vicino di lettino di Arianna. Provai a sedermi nuovamente ma non ci riuscii e mi misi a suonare ripetutamente il campanello dicendo che avevo capito che era Arianna ad avere problemi e che dovevano farmi entrare. Quando arrivai la trovai nuovamente sotto ossigeno perché aveva avuto una crisi respiratoria. Quando arrivò il prete, le infermiere cercarono di convincermi che non era più il caso di battezzarla quella mattina, ma io dissi: “Il Padre Eterno, mi sta mettendo alla prova, per cui voglio battezzarla oggi ugualmente perché era il giorno in cui avrei dovuto portare a casa mia figlia”. L’abbiamo battezzata con tutti i fili attaccati con il nome di Arianna, Benedetta, Beatrice. È stata poi messa nuovamente in incubatrice ed è arrivata a casa il 5 aprile, Venerdì Santo, del 1996 e le davo illatte con il biberon piccolo piccolo. E da li siamo state sempre insieme, sino a quando ha iniziato la scuola.  A tre anni Arianna ha infatti cominciato la  scuolamaterna ed ero molto preoccupata che lei non volesse andare e lasciarmi, ma invece sin dal primo giorno era tutta contenta e sorrideva subito la mattina quando la svegliavo per andare a scuola.

Quando Arianna frequentava la prima elementare rimasi incinta una seconda volta. Portai a termine la gravidanza e nacque Cecilia che già da appena nata aveva un’espressione arrabbiata.

“Quando dopo cinque giorni ti abbiamo portato tua sorella Cecilia – dice ancora mamma Laura rivolta ad Arianna – tu hai fatto un gridolino di gioia”.

A questo punto dell’intervista ho chiesto ad Arianna di raccontarmi di sua sorella e lei, sia tramite il movimento delle labbra, sia tramite la lingua dei segni che mi aiutava a capire mamma Laura, mi ha detto che Cecilia era affettuosa e le voleva bene, ma che era sempre tanto arrabbiata e che le faceva i dispetti. Giocavano insieme, ma avevano due caratteri molto diversi.

Chiedo a Laura di raccontarmi come fosse riuscita a superare lei, in prima persona e poi come avesse aiutato Arianna a superare il dolore per la morte di Cecilia. “Cecilia- spiega mamma Laura è morta in un incidente stradale causato da me. Per via di un colpo di sonno l’automobile si è capovolta su un fiacco e lei, che sedeva dietro senza cintura di sicurezza, ha sbattuto una tempia ed è morta sul colpo, mentre né Arianna, né io, né il cane ci siamo fatti nulla. I primi giorni dopo l’incidente io non mi volevo svegliare. Ma con il passare dei giorni mi sono chiesta come avrebbe fatto Arianna senza di me e piano piano neldedicarmi completamente alei, insieme abbiamo affrontato l’immenso dolore. Noi parliamo sempre di Cecilia ed io ho spiegato ad Arianna che la vita è un passaggio e che nessuno sa con certezza cosa ci sia dopo la morte. Probabilmente quindi Cecilia è stata chiamata a fare altro e dal Cielo, dove sta, sa che Arianna sta studiando all’università e vede tutte le cose belle che facciamo insieme.  Arianna dice sempre una cosa importante, perché abbiamo perso anche il suo papà da qualche mese. Dice che per Cecilia è stato ingiusto e non lo si può capire, perché aveva solo 14 anni e che per il papà invece, bisogna farsene una ragione, perché era grande e la sua vita l’ha potuta vivere”.

 Arianna mi dice delle cose molto belle nell’intervista. Non crede che tutti i normodotati siano più felici di lei, né che abbiano più possibilità di lei. Mi dice che lei è felice di vivere, perché fa tante cose che le piacciono e perché ha la sua mamma e gli amici. Con loro- mi racconta- che viaggia molto e che per questo è molto fortunata. Mi spiega chela mamma le ha dato la possibilità di vedere molti posti del mondo e di viaggiare anche sola con le sue amiche, che si prendono cura di lei. Mi dice che la mamma le ha spiegato che, dato che sa che lei è contenta di viaggiare con le amiche, fanno questa sortadi scambio, per cui lei offreloro il viaggio e loro l’aiutano e accudiscono.

Arianna, punzecchiata un po’ da mamma Laura, mi dice che lei è molto selettiva con le persone, le seleziona e le sceglie solo se sono brave persone, serene, gioiose, sorridenti e se curano se stessi.  Mi racconta poi che le mete dei suoi viaggi le sceglie sul computer e che le piace l’aereo, ma ne ha un po’ paura quando c’è forte vento. La emoziona arrivare in unposto nuovo, la riempie di meraviglia. Arianna mi dice anche che le piace molto il sole, perché la rende felice, mentre la pioggia la intristiscee il vento la agita.

Tutte le persone che ha incontrato -mi dice – che si sono sempre comportate bene con lei,ad eccezione di qualche insegnante che pensava che fosse inutile che lei studiasse perché non aveva molte possibilità, in quanto essendo sorda davano anche per scontato che non fosse intelligente. Mi racconta insieme alla mamma che la scuola materna, la scuola elementare e le scuole medie le ha frequentate in istituti ordinari, ma per le superiori ha scelto lei di andare in un istituto per sordi, perché voleva fare amicizie. Questa esperienza però non le ha portato ciò che sperava.

Un elemento molto bello emerge fra i tanti, e Laura mi dice che Arianna è la prima volta che lo esterna, riguarda la sua spiegazione concernente la scelta degli studi universitari.  Infatti quando le chiedo di dirmi perché ha scelto la facoltà di scienze dell’educazione, mi ha risposto che voleva imparare a capire le persone e le loro difficoltà e che ora conosce molti linguaggi come quello del corpo, la mimica facciale e il linguaggio delle emozioni. Arianna ora deve fare il tirocinio e all’Istituto Don Guanella di Roma ha incontrato persone sole e abbandonate e non riesce a comprendere comesia possibile abbandonare persone in difficoltà.

Mamma Laura conclude con un pensiero: “Parto dal presupposto che nessun genitore vuole un figlio disabile, perché nessuno vorrebbe vedere una persona che ama soffrire. Voglio però dire che Arianna non ha tolto nulla alla mia vita e l’unico pensiero che ho avuto e che ho è darle tutto quanto possibile per stimolarla.  Ad esempio da piccola lei non camminava e io la portavo al parco con il girello; le piaceva arrampicarsi sui gonfiabili e io mi toglievo le scarpe e la portavo sui gonfiabili. Se però qualche cosa non si poteva fare, glielo spiegavo e lei è stata sempre molto brava a comprendere.Anche tutti gli interventi che facevamo, lei li ha sempre accettati perché aveva compreso che sono stati fatti per cercare di farla stare meglio. Arianna è molto intelligente. Difatti se pensiamo che ha un terzo del cervello, è innegabile che abbia raggiunto veramente degli obiettivi inimmaginabili. È vero che Arianna ha un linguaggio ridotto e non fluido, ma io sin da piccina l’ho sempre abituata ai libri, le leggevo i libri per i piccoli e le spiegavo ogni parola.  E le ho sempre detto: “Se leggi e se comprendi questo ti da la possibilità di interagire con le persone e ti rende libera”. Certamente non è sempre facile, ad esempionella lingua dei segni esistono solamente tre tempi verbali e quindi farle capire la temporalità dell’azione non è stato semplice.

Con Arianna abbiamo un rapporto incredibile, lei mi legge con una grande semplicità. Viviamo un rapporto talmente normale che io talvolta dimentico la sua disabilità, come ad esempio tempo fa quando stavo uscendo e di spalle le ho detto di spegnere il fornello dopo cinque minuti. Poi, arrivata al cancello, mi sono chiesta se non fossi proprio rimbambita e sono tornata indietro, sono andata in camera da lei e le ho detto di spegnere il fornellodopo cinque minuti.

Sono molto arrabbiata per Arianna, perché ha delle difficoltà vere. Però le ho sempre detto che lei non è stata fortunata, ma privilegiata sì. Hai infatti avuto una famiglia- dice mamma Laura ad Arianna – che ti ha amato e che ti ama. Hai una mamma che ha tanta voglia di vivere e tu hai questo mio stesso slancio per la vita. Sei disabile, però hai una vita ricca, piena di tante cose belle. La vita non si può scegliere, si può solo decidere se migliorare o peggiorare, sta a noi la scelta”.

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