L’insegnamento di Dio nel cuore della donna

Dimensione spirituale e religiosa custodita ed irradiata dalla donna. È il cuore di Natale 1938 di Alessandra Caneva, Ianieri Edizioni, Pescara 2025.

Un romanzo storico che narra una vicenda dolorosa e sfiancante di una moglie, donna e medico che porta il peso di un orrendo tradimento del marito, culminante con il tentativo di ucciderla, ma a cui lei concede il perdono, il più alto atto d’amore.

Una narrazione che, rigo dopo rigo, fa penetrare il lettore in una ottica che troppo spesso sfugge alla considerazione umana. Se infatti ciascuno di noi fosse in grado di vivere ed elaborare il dolore, la frustrazione e la rabbia tenendo a mente gli insegnamenti di Nostro Signore, il mondo sarebbe veramente molto diverso. Difatti è proprio il perdono che fa riscoprire la natura divina dell’essere umano, in quanto fatto ad Immagine e Somiglianza di Dio.

“Per quanto concerne l’Immagine sottolinea l’autrice, Alessandra Caneva – quella ce l’ha “fornita” Lui, ma, invece, per quel che riguarda la Somiglianza, spetta a ciascuno di noi”.

Un’affermazione disarmante quanto profondamente vera, perché radicata nel cuore della nostra fede.

L’unico modo per ottenere la pace è la certezza che la fede in Dio sia l’unica via per un vero cambiamento ed una rivoluzione interiore.

“Il racconto si svolge in un epoca colma di “male storico” – spiega Alessandra Caneva – in cui c’era tanto dolore e morte causati dal nazismo, dallo stalinismo, dalla guerra mondiale e da tutte le atrocità che ne sono scaturite come le leggi raziali e l’olocausto. È stato dimenticato Dio ed è stato pertanto dimenticato che Lui ci ha fatto a Sua Immagine e Somiglianza.

Lei narra di un periodo storico connotato dall’orrore della guerra mondiale e pubblica il libro in questo momento storico che è attraversato dalla devastazione di guerre aberranti. Perché ha scelto questo momento per far uscire il suo romanzo?

Il libro – afferma ancora l’autrice – è la richiesta di ripensare e ripensarci alla luce di questa nostra natura divina, che ci ha fatto capaci di amore e di perdono. È necessario riscoprire questo e pertanto è indispensabile riscoprire Dio, oggi, in cui nuovamente ci sono guerre atroci.

La nostra società – sottolinea la Caneva – ha quasi completamente cancellato l’idea stessa di Dio. Lo si evince dalla società, dalla “cultura”, dai prodotti cinematografici e dalla letteratura.

Se si dimentica Dio ci si dimentica anche chi è l’uomo: è una conseguenza diretta. Per tanto, se noi dimentichiamo che abbiamo questa natura divina, come facciamo a pensare e a concepire la pace?

Penso che anche in questo momento storico è come se Dio fosse stato sotterrato sotto pietre e sassi, così come lo è anche l’essere umano.

Dio non urla e non violenta la nostra libertà; ma bisogna “dissotterarLo”, tirarLo fuori dalle macerie.

Lei racconta di una vicenda personale collocandola però in relazione al contesto storico del tempo in cui viene consumata, come mai questa scelta?

Mi sento abbastanza impotente di fronte alla mostruosità della guerra, però sono certa che il lavoro va fatto sulla persona. Lo si può costatare anche nei rapporti interpersonali.  Ed è proprio per questo motivo che ho voluto mettere una vicenda personale dentro un contesto storico.

È necessario che ciascuno di noi faccia un lavoro su se stesso e ritrovi la fonte interiore, che è Dio; dobbiamo riscoprire la nostra natura divina-umana in modo da perdonare, poiché è l’unica vera via di pace.

Perché ha scelto una donna come protagonista che incarna la natura divina nell’amore e nel perdono?

Perché per sua natura, è la donna che è capace di accogliere, che è capace di perdonare.

In un diario di guerra, la Prima Guerra Mondiale, di un mio famigliare è scritto: “Se qui venissero le mamme non ci sarebbero più guerre”.

 Ed è profondamente vero. La donna, infatti, è colei che mette al mondo i figli rischiando la propria vita, quindi non può essere a favore della guerra.

 Storicamente l’uomo va alla guerra e la donna rimane a proteggere e curare la casa e i figli.

Lei quindi mette al centro il femminile come dimora dell’amore e del perdono?

 Si.

Io non parlo di femminismo come è concepito oggi; parlo proprio di un’identità femminile,

che è capace di amare, di accogliere, e che ha una lucidità di pensiero superiore a quella maschile.

Pensiamo ad esempio alla Creazione: si è partiti da dividere le tenebre dalla luce, poi gli animali e, la donna, è l’ultima cosa creata: perché rasenta la “perfezione”.

Questo suo romanzo è un libro storico che è connotato dalla fede, in che rapporto sono tali contesti?

È il libro più spirituale che ho scritto.

Il filo conduttore è dato da alcune riflessioni di Etty Hillesum, tratte dal suo diario scritto tra il 1941 e il 1943. Infatti lei, donna filosofa e scrittrice, difronte agli orrori della storia, offre risposte di umanità.

Partendo da questa figura ispiratrice, alla protagonista dono una grande vastità interiore, narrando una mentalità tutta al femminile di fronte al male. Un elemento che si evince in modo particolare nella “scena madre” dell’incontro con Hitler.

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