Il discorso del primo maggio del 2024 in occasione della LVII Giornata Mondiale della Pace rivolge uno sguardo a tutto tondo sulle problematiche che le nuove tecnologie potrebbero portare, nei tanti ambiti della vita umana.
Riporto di seguito alcuni specifici passi di questo discorso su cui mi piace fare una riflessione.
Partiamo dal bellissimo richiamo che vi si fa alla Sacra Scrittura in cui si dice che Dio ha donato agli uomini il Suo Spirito affinché abbiano “saggezza, intelligenza e scienze in ogni genere di lavoro” (Es 35,31). L’intelligenza è espressione della dignità donataci dal Creatore, che ci ha fatti a sua immagine e somiglianza. (cfr Gen 1,26)
Di seguito il testo prosegue sottolineando come: “La scienza e la tecnologia manifestano in modo particolare tale qualità fondamentalmente relazionale dell’intelligenza umana: sono prodotti straordinari del suo potenziale creativo”.
Viene fatto poi riferimento alla Costituzione Pastorale Gaudium et spes con la quale il Concilio Vaticano II puntualizza che quando gli esseri umani “con l’aiuto della tecnica” si sforzano affinché la terra “diventi una dimora degna di tutta la famiglia umana”, agiscono secondo il disegno di Dio e cooperano con la Sua volontà di portare a compimento la creazione e di diffondere la pace tra i popoli. Anche il progresso della scienza e della tecnica, nella misura in cui contribuisce a un migliore ordine della società umana, ad accrescere la libertà e la comunione fraterna, porta dunque al miglioramento dell’uomo e alla trasformazione del mondo.
[…] Allo stesso tempo, i progressi tecnico-scientifici, rendendo possibile l’esercizio di un controllo finora inedito sulla realtà, stanno mettendo nelle mani dell’uomo una vasta gamma di possibilità, alcune delle quali possono rappresentare un rischio per la sopravvivenza e un pericolo per la casa comune.
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[…]L’intelligenza artificiale, quindi, deve essere intesa come una galassia di realtà diverse e non possiamo presumere a priori che il suo sviluppo apporti un contributo benefico al futuro dell’umanità e alla pace tra i popoli. Tale risultato positivo sarà possibile solo se ci dimostreremo capaci di agire in modo responsabile e di rispettare valori umani fondamentali come «l’inclusione, la trasparenza, la sicurezza, l’equità, la riservatezza e l’affidabilità».
[…] L’immensa espansione della tecnologia deve (…) essere accompagnata da un’adeguata formazione alla responsabilità per il suo sviluppo.
[…] L’intelligenza artificiale diventerà sempre più importante. Le sfide che pone sono tecniche, ma anche antropologiche, educative, sociali e politiche.
[…] L’intelligenza artificiale dovrebbe essere al servizio del migliore potenziale umano e delle nostre più alte aspirazioni, non in competizione con essi.
In questo documento si affrontano tra gli altri: il tema della informazione, che vive una fase di cambiamento dovuta all’espansione di internet; il tema della intelligenza artificiale e, nello specifico, si sottolinea tutta la serie di preoccupazioni che il suo impiego può condurre con sé e, si tratta poi anche il tema delle sfide delle istituzioni di istruzione in cui la tecnologia entra prepotentemente e alla conseguente esigenza dei docenti di adattare il loro metodo di insegnamento.
Fatto questo breve excursus, mi sembra inevitabile sottolineare come il pensiero porti ai tempi passati, quando si affacciava il primo mezzo di informazione e quindi la prima innovazione tecnologica, ossia la stampa.
Anche in questo caso infatti la Chiesa, e dunque i pontefici che si trovarono per primi ad imbattersi nella stampa ebbero preoccupazione e atteggiamenti di grande prudenza. Infatti la prima reazione fu fortemente negativa. Si ricorda infatti l’atteggiamento negazionista di Clemente XIII (1758-1769), per il quale la stampa era espressione di “immoralità insolente e spaventosa”. Possiamo poi annoverare la posizione che assunse Gregorio XVI (1831-1846), che nella enciclica Mirari Vos, del 15 agosto 1832, definisce la libertà di stampa come un delirio e testualmente scrive: “libertà funesta, libertà esecrabile, per il quale non vi sarà mai abbastanza orrore”. A Gregorio XVI successe Pio IX (1848- 1878), che ribaltò l’antimodernismo intransigente e negazionista dei suoi predecessori in termini di apologetica e quindi non respinse a priori gli strumenti di comunicazione, ma accettò di usarli. Sotto il suo pontificato venne anche fondato l’Osservatore Romano. Fu però con Leone XIII (1878- 1903) che si ebbe la prima vera apertura della Chiesa verso la stampa. Egli infatti scrisse nella Etsi Nos (15 febbraio 1882): “invece che discutere sulla libertà di stampa, i cattolici dovrebbero usarla a profitto della Chiesa”. Questa apertura però durò poco ed infatti con Pio X (1903-1914) si tornò a porre forti restrizioni. Infatti nell’enciclica Pascendi dominici gregis (8 settembre 1907) si registra il culmine della repressione con l’istituzione in ogni diocesi di un consiglio di vigilanza contro il modernismo. Con il pontificato di Benedetto XV (1914-1922) si ebbe il ritorno allo spirito di Leone XIII, che però controllava direttamente l’organo di stampa della Chiesa: l’Osservatore Romano. Divenne poi papa Pio XI (1922-1939) e sotto il suo pontificato fu fondata la Radio Vaticana.
In questo modo ho tracciato, brevemente, il corso della storia del mezzo ‘stampa’ all’interno della Chiesa, in qualità di prima innovazione tecnologica che cercava di albergare in Vaticano.
Al termine del pontificato di Pio XI venne eletto al Soglio Pontificio Papa Pio XII, che fu coli che si imbatte nella seconda ‘ problematica’ innovazione tecnologica: la televisione. In Italia questo nuovo mezzo di comunicazione arrivò nel 1954 e naturalmente creò delle preoccupazioni a Papa Pio XI, ma siamo già in una epoca storica molto diversa e Papa Pacelli mostra una grande apertura mentale, riuscendo a vedere già allora nella televisione la possibilità di evangelizzazione. Infatti nel Breve del 21 agosto del 1958 si legge: “… tra queste innovazioni così utili, la televisione ha il suo posto, essa, che permette effettivamente di vedere e di sentire a distanza degli avvenimenti nel momento stesso in cui si realizzano, e ciò in modo così suggestivo da credere di assistervi. Questo meraviglioso strumento, come sanno tutti e Noi stessi abbiamo detto chiaramente, può essere fonte di grandissimi beni, ma anche di profondi mali a causa della singolare attrazione che esercita all’interno dello stesso focolare domestico. Così ci è sembrato bene dare a questa innovazione una tutela celeste che impedisca questi danni e ne favorisca un uso onesto e salutare. Abbiamo scelto per questo patrocinio Santa Chiara […] che Chiara protegga dunque questa tecnica e doni all’apparecchio traslucido di far brillare la verità e la virtù, necessari sostegni della società”.
Pio XII si occupò anche in maniera organica della televisione nella enciclica Miranda Prorsus, l’8 settembre 1957, che è una vera summa del magistero cattolico sui media prima del Concilio Vaticano II. In questa enciclica Pio XII scrive: “… Noi stessi spesso approfittiamo di questi meravigliosi mezzi moderni, che ci facilitano l’unione di tutto il gregge con il Supremo Pastore, sicché la nostra voce, superando senza difficoltà gli spazi della terra e del mare e i marosi delle passioni umane, possa giungere alle anime, esercitandovi una salutare influenza, così come richiedono i sempre crescenti compiti del sommo apostolato a noi affidato. Come massimi vantaggi, così anche massimi pericoli possono nascere dai meravigliosi progressi tecnici moderni nei settori del cinema, della radio e della televisione. […] Il male morale non può certo provenire da Dio, perfezione assoluta, né da ritrovati tecnici, che sono suoi doni preziosi, ma solo dall’abuso che può farne l’uomo, dotato di libertà…[…] Anche più della stampa i mezzi audiovisivi offrono possibilità di comunicazione e di scambio tra gli uomini; essendo, quindi, strumenti diretti di civiltà fra tutte le genti del globo, la Chiesa, che per divina istituzione è universale, desidera che vengano adoperati nel propagare e promuovere i valori autentici. Sia, pertanto, la prima finalità del cinema, della radio e della televisione quella di servire la verità e il bene”.
I pontefici che successero a Pio XII: Giovanni XXIII e Paolo VI considerarono benevolmente il nuovo strumento mediatico, seppure mantennero sempre un atteggiamento da pontefice che accettava il mezzo, ma probabilmente non con la completa consapevolezza di ciò che comportava l’immagine e la voce del Papa negli ambienti domestici dei fedeli.
A Paolo VI successe, Giovanni Paolo I, Papa Luciani, il “Papa del sorriso”, che nel suo troppo breve pontificato si mostrò anche affettuoso con i giornalisti e benevolo verso il mezzo televisivo.
Gli successe l’ultimo pontefice dell’anno dei tre papi (1978): in Conclave venne eletto al Soglio Pontificio Papa Giovanni Paolo II. Uomo di Dio, con un immenso carisma avvolgente, che con un brutto gergo televisivo si dice: “bucava lo schermo”. Con termini più confacenti al successore di Pietro, possiamo dire che le sue grandi capacità comunicative conquistavano cuori ed animi. Il suo sguardo, il suo sorriso e il suo entrare in contatto con le persone rendevano anche lo stesso mezzo televisivo completamente pervaso ed immerso da questa e in questa luce immensamente avvolgente. L’oramai San Giovanni Paolo II conosceva molto bene l’importanza della televisione ed era in grado di farne strumento di evangelizzazione, semplicemente essendo sé stesso. Ha sempre però mantenuto il giusto distacco dall’universo mediatico, in quanto era pienamente consapevole era il suo messaggio che raggiungeva le persone attraverso il mezzo, ma lui era e sapeva di essere e di voler rimanere il Pontefice della Chiesa Universale.
Dopo il lungo e luminoso pontificato di Giovanni Paolo II è divenuto papa Benedetto XVI, il Papa della parola. Un pontefice molto colto e troppo osteggiato. Aveva alle spalle un pontificato ineguagliabile, ma è riuscito a fare molto e molto bene all’interno della nostra amata Chiesa. E fu lui ad imbattersi in una nuova innovazione tecnologica: internet e la sua diffusione veloce. Da uomo di Dio colto e pacato, non si è tirato indietro ed ha aperto a questo nuovo mezzo anche attraverso il messaggio per la XLV Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, del 5 giugno 2011. In questo importante testo è scritto: “Si prospettano traguardi fino a qualche tempo fa impensabili, che suscitano stupore per le possibilità offerte dai nuovi mezzi e, al tempo stesso, impongono in modo sempre più pressante una seria riflessione sul senso della comunicazione nell’era digitale. Ciò è particolarmente evidente quando ci si confronta con le straordinarie potenzialità della rete internet e con la complessità delle sue applicazioni. Come ogni altro frutto dell’ingegno umano, le nuove tecnologie della comunicazione chiedono di essere poste al servizio del bene integrale della persona e dell’umanità intera. Se usate saggiamente, esse possono contribuire a soddisfare il desiderio di senso, di verità e di unità che rimane l’aspirazione più profonda dell’essere umano.
[…] Soprattutto i giovani stanno vivendo questo cambiamento della comunicazione, con tutte le ansie, le contraddizioni e la creatività proprie di coloro che si aprono con entusiasmo e curiosità alle nuove esperienze della vita. Il coinvolgimento sempre maggiore nella pubblica arena digitale, quella creata dai cosiddetti social network, conduce a stabilire nuove forme di relazione interpersonale, influisce sulla percezione di sé e pone quindi, inevitabilmente, la questione non solo della correttezza del proprio agire, ma anche dell’autenticità del proprio essere.
Arriviamo così alla innovazione tecnologica dei nostri giorni, la cosiddetta intelligenza artificiale. La preoccupazione della Chiesa nei confronti di questa nuova tecnologia è appunto espressa nel messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace e, alla luce di quanto detto nelle pagine di questo mio scritto, credo che sia auspicabile una rassicurazione circa le ombre che gravano sull’arrivo di questa ancora poco conosciuta tecnologia. E questa rassicurazione ci proviene proprio dai testi del passato che ho qui citato e che fanno la storia della Chiesa. Da essi infatti si può evincere una riflessione infinitamente giusta, che proprio i pontefici dell’era moderna ci hanno donato, ossia: “Il mezzo non è né buono, né cattivo, sta a noi saperlo usare nella giusta maniera”. Tanto è fondamentale questa profonda osservazione che molti studiosi, anche non vicini alla Chiesa, l’hanno ripresa. Pensiamo ad esempio al magistrale volumetto Cattiva maestra televisione del filosofo ed epistemologo austriaco Karl Popper.
Ecco anche nel testo per la LVII Giornata Mondiale della Pace si può evincere un messaggio simile, seppure non esplicitato, laddove si asserisce: “… il modo in cui la utilizziamo [l’intelligenza artificiale] (…) è la misura rivelatrice della nostra umanità” …
È secondo me importante altresì sottolineare che in ogni caso la tecnologia e anche l’intelligenza artificiale non potranno mai sostituire l’uomo in quanto è quest’ultimo che le ha create e non potranno mai avere la stessa creatività, lo stesso fervore e la stessa capacità e intensità di preghiera dell’essere umano.
Fondamentale è, come si dice anche in questo testo, regolamentare l’utilizzo di queste innovazioni tecnologiche, affinché non possa emergere l’utilizzo nefasto da parti di uno o di una minoranza. Ma, vorrei sottolineare con enfasi, che parallelamente alla intelligenza artificiale, ancora non è stato ‘regolamentato’ alcunché sulla rete internet, per cui auspicherei di insistere affiche ciò venga predisposto presto. Questa credo infatti sia una priorità per il nostro momento storico, per cercare di mettersi al riparo da tutte le brutture e le storture che possono accadere con il dilagare orami consueto della comunicazione sulla rete. C’è da considerare inoltre che anche la cosiddetta generazione dei ‘nativo digitali’ sa usare superficialmente il mezzo, ma tutte le recondite e soggiacenti realtà non le conosce certamente.
Vorrei chiudere questo mio scritto con una umile esortazione sia alla mia amata Chiesa che a tutti coloro che hanno possibilità di indirizzare le cose nel giusto modo: non dobbiamo avere paura delle nuove tecnologie, ma dobbiamo necessariamente vigilare ed essere in grado di usarle a vantaggio dell’umanità, in quanto siamo le creature di Dio, fatte a sua immagine e somiglianza, e Nostro Signore gli strumenti ce li ha dati tutti, sta solo a noi capire come usarli per il bene.
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