Il Cardinale Pietro Parolin interviene alla
presentazione del libro del vaticanista Ignazio Ingrao.
“La Chiesa è semper reformanda”.Parole di Sua Eminenza il Cardinale Segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin che è intervenuto presso il Ministero della Cultura a Roma il 24 aprile scorso in occasione della presentazione del libro di Ignazio Ingrao, dal titolo “Cinque domande che agitano la Chiesa” edito da San Paolo.
Sua Eminenza ha spiegato in modo estremamente chiaro l’espressione usata facendo riferimento al capitolo I della Costituzione conciliare Lumen gentium che al n. 8 recita: << Ma mentre Cristo, « santo, innocente, immacolato » (Eb 7,26), non conobbe il peccato (cfr. 2 Cor 5,21) e venne solo allo scopo di espiare i peccati del popolo (cfr. Eb 2,17), la Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento>>.
Tale tematica è stata posta in luce dal Cardinale Parolin in quanto il titolo del volume di Ingrao ha rievocato in lui il testo del filosofo e teologo Antonio Rosmini, dal titolo Le cinque piaghe della Santa Chiesa. Nel testo di Rosmini le cinque piaghe di cui si parlava erano: “la divisione del popolo dal clero nel culto pubblico, l’insufficiente educazione del clero, la disunione dei Vescovi, la nomina dei Vescovi abbandonata al potere laicale e la servitù dei beni ecclesiastici – sottolinea il Cardinale, che prosegue affermando che queste – piaghe sono state in gran parte guarite, probabilmente non si guariranno mai del tutto – questa è la parusia – queste piaghe scompariranno. Ma – spiega il Cardinale Pietro Parolin – almeno per ciò che concerne la divisione del popolo dal clero nel culto pubblico, questa è stata affrontata e risolta in gran parte dalla riforma liturgica del Concilio Vaticano II, con l’introduzione delle lingue vernacole nella liturgia con la conseguente maggiore comprensione anche da parte delle persone”.
“Quelle che oggi ci presenta il Dottor Ingrao – sottolinea poi Sua Eminenza il Cardinale Parolin – sono evidentemente delle nuove questioni, delle nuove problematiche che sono probabilmente legate all’attualità dei tempi. Ma mi piace notare il denominatore comune che sia nel testo di Rosmini che nel libro di Ignazio Ingrao mi pare essere la riforma della Chiesa; in quanto come sappiamo la Chiesa è semperreformanda, nel senso che deve essere riportata alla sua forma propria, come afferma la Costituzione conciliare Lumen gentium”.
“Ciò che mi colpisce del libro di Ignazio Ingrao – dice Sua Eminenza- è anche proprio il verbo che l’autore usa nel titolo, ossia “agitare”. Questo verbo infatti sembra invitare il lettore a sfogliare il testo che stiamo presentando con quella consapevolezza della prudenza con cui ci accostiamo a situazioni di turbamento e di spavento, che per esempio possiamo ritrovare anche nelle pagine del Vangelo. Qui voglio citare il Vangelo di Matteo: “Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli, il Signore Gesù, se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» E quindi ecco il turbamento e lo spavento. Allora possiamo immaginare, proprio a partire da questa scena, che ogni traversata, anche quella della storia, è un po’ una traversia. Le tensioni dei discepoli tra loro, probabilmente anche con Gesù, che pare non essere interessato a quanto sta accadendo, mostrano che le difficoltà possono essere rette non solo come agitazione, non solo come pericolo, ma anche come opportunità. Sono parte di quella sapiente pedagogia di Dio con cui Lui ci educa, con cui Lui ci fa maturare e, con cui Lui, ci fa progredire. Ci aiutano a comprendere che anche noi discepoli del Signore, abbiamo continuamente bisogno di essere corretti, perché può capitare di vivere nell’illusione che il nostro ministero e la Chiesa siano al riparo da ogni inadeguatezza. E su questo punto Papa Francesco ha fatto e continua a fare delle riflessioni molto pertinenti. Eppure noi a differenza dei discepoli sulla barca, che sono ancora immersi nella fase pre-pasquale della vicenda di Gesù, sappiamo che lo Spirito Santo, cioè il respiro di Dio donato da Gesù sulla Croce poi nel giorno di Pentecoste, rende la Chiesa capace di resistere alle temperie dei sommovimenti culturali. Capace di resistere ai peccati degli uomini e delle donne che vi appartengono. Noi abbiamo questa certezza alla quale credo cheproprio in questa agitazione noi dobbiamo ancorarci; abbiamo lo Spirito del Signore, abbiamo la Sua Parola e, nonostante tante difficoltà che sperimentiamo, tante tensioni che fano parte della vita di ogni giorno, noi sappiamo che abbiamo dei punti fissi, i quali non vengono meno”.
Nel proseguo del suo intervento il Cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, richiama alla memoria un affascinante testo: il Tractatus logico-philosophicusdel filosofo Ludwig Wittgenstein. Lo cita facendo un ragionamento sublime circa l’essenza stessa della domanda. Sua Eminenza afferma dunque che: “oltre al titolo anche le pagine del libro, riportano le cinque domande e le esprimono in modalità e in forme differenti, come se ci fosse la ricerca di una loro corretta e compiuta formulazione.Un esercizio che sembra nascere dalla discrezione dell’autore nel porre domande che, almeno nell’istanza suggerita dal titolo, dovrebbero agitare la Chiesa.La ricerca di rinnovate formulazioni nella stessa domanda, che mi pare emerge chiaramente all’interno del libro, scaturisce probabilmente dalla consapevolezza che il funzionamento dell’interrogativo può apparire anche argomentazione retorica. Pensiamo ad esempio a quella figura retoricache una volta ci veniva insegnata in seminario e che è la prolessi. In questo caso la domanda, appartenendo alla retorica, non alla logica, contiene al suo interno ciò che ci si attende argomentato nella risposta. Pertanto,come afferma Wittgenstein nella sua opera,Tractatus logico-philosophicus: “d’una risposta che non si può formulare, non può formularsi neppure la domanda. L’enigma non v’è. Se una domanda può porsi, può pure avere una risposta”.
E dunque io provo ad evocare, senza pretesa di esclusività e di esaustività alcune risposte”.
In seguito a queste riflessioni, che a mio avviso sono già di per sé stesse vere e proprie elevatissime e affascinanti lezioni, il Cardinale Parolin si esprime su ciascuna delle cinque domande che il libro di Ignazio Ingrao propone, seguendone l’ordine proposto nel testo.
Voglio dunque di seguito riportare tutte le considerazioni che Sua Eminenza ci ha donato, poiché trovo anch’esse di grande bellezza. E prima ancora di proporle al lettore, voglio portare l’attenzione sul fatto che poter assistere a meditazioni di tale spessore, rende l’animo gonfio di gioia e soppianta in maniera inequivocabile quanti gradiscono considerare la Chiesa come un’entità che ha perduto il suo lustro, la sua importanza e la sua bellezza. Invito quindi a riflettere su quanto la Chiesa possa dare e su quanto la nostra Chiesa Universale sia luminosa e bella.
Detto ciò condivido con tutti voi lo splendore delle riflessioni che il Cardinale Pietro Parolin ci ha donato.
“Partiamo dalla prima domanda- afferma Sua Eminenza – posta all’inizio del secondo capitolo:<<Dov’è arrivata la Chiesa in uscita di Bergoglio?>> Mi pare molto interessante che venga formulata attraverso l’incipit del primo documento che il Papa ha prodotto, ossia l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, che lui considera appunto il documento programmatico del suo ministero pastorale e dunque del suo pontificato”.
“Nelle pagine del libro – sottolinea il Cardinale Parolin – Ingrao si domanda che fine ha fatto quella gioia della riscoperta del Vangelo, che papa Francesco subito dopo la sua elezione aveva indicato come obiettivo programmatico del pontificato?”
“La gioia del Vangelo- afferma il Cardinale Parolin- riempie il cuore e la vita in terra di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore e dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia. Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata. Che fine ha fatto dunque quella gioia della riscoperta del Vangelo che il Papa ha posto diciamo come finalità del suo pontificato, del suo ministero pastorale?Quanto dunque la Chiesa è lontana dalla realtà di oggi nonostante i gli sforzi?”.
“L’autore – prosegue Sua Eminenza – dapprima offre una serie di numeri sull’attuale situazione della Chiesa Cattolica, che egli stesso chiama <<una fredda teoria delle cifre>>. Ma poi ricorda come anche Benedetto XVI si domandava, l’11 ottobre del 2012, dove fosse finito lo slancio del Vaticano II:<<Benedetto XVI denunciò con forza nel 2012, poco prima dell’annuncio della sua rinuncia, parlando proprio del Concilio Vaticano II a cinquant’anni dall’apertura. Parole cariche di poesia ricordando il discorso “della luna” di Roncalli, unite a una certa amarezza: «Cinquant’anni fa, in questo giorno, anche io sono stato qui in Piazza, con lo sguardo verso questa finestra, dove si è affacciato il buon Papa, il Beato Papa Giovanni e ha parlato a noi con parole indimenticabili, parole piene di poesia, di bontà, parole del cuore. Eravamo felici – direi – e pieni di entusiasmo. Il grande Concilio Ecumenico era inaugurato; eravamo sicuri che doveva venire una nuova primavera della Chiesa, una nuova Pentecoste, con una nuova presenza forte della grazia liberatrice del Vangelo>> (pagg. 39-40 Cinque domande che agitano la Chiesa).
Anche san Giovanni XXIII, già malato, aprendo i lavori del Concilio Vaticano II, l’11 ottobre 1962, con il famoso discorso Gaudet Mater Ecclesia (“Gioisce la Madre Chiesa”) aveva dato il via a un “processo” del quale sapeva che, per le sue condizioni di salute, non avrebbe visto la fine e del quale non poteva prevedere l’esito. (…) “Gioia” e “misericordia” sono due parole chiave di quello storico intervento di Roncalli che la sera venne poi suggellato dal discorso “della luna”. Due termini guarda caso cruciali anche nel pensiero e nel magistero di Papa Francesco (Evangelii Gaudium, la gioia del Vangelo e Giubileo della Misericordia) [pag. 35-36Cinque domande che agitano la Chiesa]>>.
La prima domanda si chiude con un affresco sui giovani di papa Francesco che vengono definiti dall’autore degliesploratori degli avamposti della società distratta dei social per risvegliare sentimenti veri, la voglia di autenticità, la capacità di sognare. Sono giovani con sensibilità ecologica e con profonda attenzione ai tempi e alle sfide del pontificato”.
“La seconda domanda fa riferimento a due elementi problematici – spiega Sua Eminenza il Cardinale Parolin – ossia: la decrescente pratica religiosa in Europa, in Nord America, in America latina, in Africa e il fascino che, soprattutto in America latina e in Africa, possiedono altre chiese e confessioni.In particolare l’autore si sofferma sull’America latina dove la Chiesa cattolica non è più la prima per numero di fedeli, ma è stata superata dalle chiese pentecostali. In questo fenomeno qualcuno intravede la mano e il sostegno economico degli Stati Uniti, per contrastare la deriva marxista alimentata dalla teologia della liberazione. Altri invece colgono un paradosso espresso in una battuta: “la Chiesa cattolica ha scelto i poveri e i poveri hanno scelto i pentecostali”. A fronte delle molteplici analisi e dei possibili angoli di visuale vengono ricordati gli interventi di Benedetto XVI e di Francesco che con determinazione affermano che la Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione, cioè per forza testimoniale. Indica pertanto nella testimonianza il modo migliore per evangelizzare il mondo d’oggi”.
Passando poi alla terza domanda il Cardinale Pietro Parolin sottolinea che si affronta qui la tematica dell’apertura ai laici e alle donne, chiedendosi se essa sia reale o solo di facciata. “I capitoli dedicati a comprendere la portata di tale quesito – afferma Sua Eminenza- si concentrano sostanzialmente su una serie di esperienze personali e poi sul sinodo dei Vescovi sulla sinodalità. Le esperienze delle donne che per papa Francesco hanno un punto di vista privilegiato, vengono narrate dagli autori in filigrana rispetto a quanto affermato nell’Esortazione post-sinodale Querida Amazonia. Le donne danno il loro contributo alla Chiesa secondo il modo loro proprio e prolungano la forza e la tenerezza di Maria la Madre. In questa traiettoria di pensiero viene ricordata la commozione del Papa quando visitando un carcere vide le donne, mogli di uomini detenuti, sottoporsi ad un’attesa spesso umiliante. Inoltre torna alla memoria del lettore il ricordo del dono che Valentina Alazraki fece al Papa, ossia la maglietta di Rocio, una donna uccisa davanti al figlio.
Nel libro infine vengono ricordati i ruoli apicali che oggi sono ricoperti all’interno della curia romana proprio da donne.
Mentre la questione sinodale è solo accennata, dal momento che ci troviamo ancora nella preparazione della seconda fase universale. Il focus viene posto sul rapporto tra il sinodo della Chiesa universale e le domande e le attese che salgono dai percorsi sinodali intrapresi nelle singole chiese locali. Qui si affrontano delle urgenze antropologiche che aprono alla quarta domanda che si interroga su Inizio e fine vita, le frontiere della medicina e le questioni del gender”.
“Si tratta di tematiche importanti e bisognose di molta riflessione- spiega Sua Eminenza – tanto che l’autore mostra come sia necessario muovere con assoluta prudenza i propri passi. Infatti scrive: <<non si tratta di cercare risposte che siano più o meno al passo con i tempi o schierati in difesa della morale tradizionale, quanto piuttosto di far maturare un nuovo umanesimo che radicato nel personalismo cristiano sappia rispondere agli interrogativi di oggi>>”.
“E giungiamo così all’ultima delle cinque domande – prosegue il Cardinale Pietro Parolin – quella forse da cui sono scaturite quelle precedenti: che fine faranno le riforme intraprese da papa Francesco? A cui se ne aggiunge una che suona per alcuni come minaccia, per altri come illusione: c’è il pericolo di un’inversione di marcia?
L’ultimo capitolo dedicato a tali interrogativi rimane interlocutorio, come è necessario che sia. Si parla infatti di riforme, come le definisce l’autore “intraprese”, ovvero “avviate”, “in itinere”. E per tentare di dare risposta mi affido allora alle parole della lettera di Giacomo: <<Siate dunque pazienti fratelli fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge di autunno e le piogge di primavera>>”. “Il discernimento – conclude il Sua Eminenza Il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano – che non è semplicemente intuito, ma frutto di una continua preghiera dello spirito, indicherà nel tempo disteso di chi sa essere paziente come proseguire e cosa rendere istituzionale proprio perché è azione dello Spirito e quindi non ci potrà essere un’inversione di marcia”.
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