Lo stato di abbandono dei cimiteri delle grandi città e non solo

Ritengo che la cura con cui gestiamo i nostri cimiteri, il luogo ove riposa chi ci ha preceduto, debba essere attenta e accurata, lì viene conservata la memoria storica del nostro passato.

Non esiste solo il giorno in cui si commemorano i morti, ma talvolta durante l’anno  esistono momenti in cui ognuno di noi sente il desiderio di pregare, riflettere, davanti ai propri cari o sedersi davanti quella pietra per “ascoltare” la loro voce, richiedere il loro consiglio, davanti a momenti della nostra vita in cui ci sentiamo particolarmente soli o preoccupati o semplicemente avvertiamo la nostalgia che ci prende, evocando emozioni e sentimenti così profondi da scuotere le nostre stesse fondamenta.

La pace, il silenzio di tali luoghi rotto solo dallo stormire dei cipressi sempre chiacchierini e dal cinguettio di uccelli che svolazzano rincorrendosi fra le tombe, i visi mesti ma gonfi d’amore delle persone che da poco hanno perso i loro cari, il pellegrinaggio di anziani che vanno a salutare con metodo e assiduità la persona che magari ha vissuto con loro l’intera vita e la cui mancanza può essere sopportata solo dalla certezza di trovarsi li sempre ad aspettarsi, come per anni tuti giorni avevano condiviso il desco con figli, nipoti ed amici.

    La struttura organizzativa e architettonica spesso dimentica tutto questo e adducendo i più futili motivi lascia andare in malora le tombe, le coperture, i ballatoi impedendo spesso l’accesso a chi non è perfettamente abile.

Raramente si possono trovare rampe di accesso per disabili o sistemi di supporto, per non parlare poi delle tombe situate in alto fino a cinque o sei piani, dove si può accedere solo con traballanti scale metalliche, quando ci sono e non sono rotte.

Vorrei ricordare alle strutture comunali deputate che quello è un biglietto da visita al mondo che quell’amministrazione da.

I grandi cimiteri monumentali confermano quanto sia importante per una città, per un popolo avere certe testimonianze che richiamano nel tempo la storia del passato, del nostro passato e ci stimolano a costruire bene per il futuro.

     Se cancelliamo nel cuore dei nostri figli il rispetto per chi ci ha preceduto, cancelleremo il rispetto per noi e per sé stessi.

Già il vivere immersi nelle nuove tecnologie, spesso estranianti, ci allontana da queste emozioni, ci rende aridi e non rispettosi di quelle regole ed emozioni fondanti dell’essere umano.

Tantissimi anni or sono ricordo nel cimitero di Prima Porta in Roma, un vecchio signore che spesso incontravo con un mazzo di fiori che andava a sedersi su una panchina davanti alla vallata che accoglie il Cimitero e restava lì per tanto tempo, in silenzio, ad ascoltare, ad ascoltare se stesso, era un uomo noto impegnato nel mondo della politica (ora in pensione), ogni tanto guardava i fiori che si era portato, forse pregava o parlava sottovoce. Un giorno ci siamo incrociati sulla stradina che portava all’uscita del Cimitero e ci siamo salutati come vecchi amici che condividevano un’emozione profonda. Per un momento ho avuto la sensazione che volesse dirmi qualcosa, mi sono fermata tendendo la mano e lui subito l‘ha stretta, dicendo: “solo qui oramai trovo la mia pace dopo una vita di rumore assordante, buona giornata” ed è sparito oltre il cancello.

Da allora non l’ho più visto, ma quella mano e quel viso solcati dalla vita sono ancora nella mia mente.

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